Scorie - Non esistono tasse buone
Nel mondo che piacerebbe ai libertari sarebbero per lo più organizzazioni caritatevoli a prendersi cura delle persone in sofferenza. Sono quindi lodevoli le iniziative benefiche che, anche in un contesto in cui lo Stato spende e tassa non poco, contribuiscono a colmare le inevitabili lacune e inefficienze connesse all'intervento pubblico.
Sarebbe anche più che comprensibile che queste persone invitassero tutti quanti a contribuire a iniziative benefiche. Capita, però, che l'incertennza connessa alla volontarietà delle contribuzioni induca queste persone a invocare l'uso della leva fiscale per far sì che ciò che ritnene giusto sia fatto obbligatoriamente da tutti coloro che hanno i mezzi materiali per farlo. In questo tende a oggettivizzare valutazioni necessariamente soggettive.
Un esempio è rappresentato da Enzo Manes, che lodevolmente oltre 20 anni fa ha creato la Fondazione Dynamo, che si occupa di iniziative benefiche rivolte soprattutto a minori affetti da patologie gravi o croniche.
Secondo Manes, "Chi riconosce il peso della fortuna è più incline a contribuire al bene comune, sia attraverso la filantropia sia pagando le tasse."
Il fatto è che pagando le tasse non si contribuisce a ciò che si ritiene "bene comune", ma a ciò che lo Stato (nelle persone che pro tempore detengono il potere) stabilisce essere bene comune.
E allora l'idea di una tassa da destinare al bene comune sembra una scorciatoia a fin di bene.
Considerando che la ricchezza finanziaria degli italiani è pari a circa 5mila miliardi, "cosa succederebbe se destinassimo una parte irrilevante di questa ricchezza al bene comune?"
E la "parte irrilevante" sarebbe l'uno per mille. Quasi senza accorgersene da parte dei titolari di quei patrimoni, il gettito sarebbe di 5 miliardi.
"Banale no? Non ne soffrirebbe nessuno. Ciascuno continuerebbe ad andare a fare vacanza nel suo posto preferito, a uscire la sera, a spendere tutto ciò che spendeva prima per i suoi divertimenti e le sue necessità", sostiene Manes.
"Ma la cosa inconcepibile è che tutto questo non avverrà mai spontaneamente. Pur se banale, insignificante." Quindi meglio tassare.
"Qualcuno potrebbe dire: il mondo è migliorato costantemente e continua migliorare. Di altre tasse non c'è bisogno. Non serve massacrare i ricchi per donare ai poveri (e non sarebbe una soluzione efficace)".
Anche perchè "non esistono obiezioni accettabili di fronte alle file per entrare in ospedale, agli anziani in solitudine, alla perdita della biodiversità, alla sofferenza dei bambini, all'emarginazione degli immigrati, alla cura insufficiente del patrimonio culturale. Non esistono obiezioni accettabili di fronte all'introduzione di una good tax. E se qualcuno non è d'accordo chiedetegli se ha idee migliori per risolvere concretamente, e non solo per filosofeggiare, le ingiustizie che voi stessi osservate ogni giorno nel lato in ombra della strada."
Non dubito che Manes sia animato da buone intenzioni, e posso capire che la frustrazione nel vedere che obiettivi che si ritengono meritevoli non sono raggiunti nonostante il forte impegno non solo finanziario spinga anche i ben intenzionati a invocare la scorciatoia dell'obbligo fiscale.
Ma a essere inaccettabili non sono le obiezioni alla introduzione di una "good tax".
Dopo tutto i problemi elencati da Manes esistono nonostante lo Stato tassi già (e non poco) per finalità ritenute meritevoli. I prodotti finanziari, per esempio, sono soggetti a imposta di bollo nella misura dello 0,2% annuo. La si continua a chiamare imposta di bollo, ma è a tutti gli effetti una patrimoniale.
Vorrei però sostenere che ogni tassa, in realtà, è una violazione della proprietà del soggetto tassato. E se quella proprietà è legittima, non può essere giusto aggredirla.
Non è una questione di irrilevanza o meno della tassa. Noterei, tra l'altro, che a forza di aggiungere tasse "irrilevanti" siamo arrivati a ben oltre 650 miliardi annui, che peraltro continueranno a crescere pur restando sempre inferiori alle spese di ben oltre 200 miliardi.
Last, but not least, contrapporre il "filosofeggiare" al "risolvere concretamente" può essere pericoloso, perché tutti i dittatori dicono di perseguire il bene comune e portano soluzioni concrete, non per questo accettabili.
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