Scorie - I supermercati non hanno la riserva frazionaria

"Se fallisce un supermercato, lo chiudi e un altro apre. Se fallisce una banca, è molto improbabile che ne apra un'altra, è più probabile che quella accanto cominci ad avere problemi."
(I. Visco)

Quanto affermato da Ignazio Visco, governatore della Banca d'Italia, è vero. E' per questo motivo che il maldestro tentativo di avvicinare a regole di mercato la risoluzione delle crisi bancarie mediante la direttiva BRRD (che prevede, tra le altre soluzioni, il famigerato bail-in) ha peggiorato, alla sua prima applicazione, le condizioni di quasi tutte le banche.

Di certo alcune hanno avuto in prima battuta dei benefici, intercettando raccolta in uscita dalle banche messe peggio, ma a voler raccontare le cose come stanno occorre precisare che chi va vantando solidità patrimoniali significative lo deve al fatto di avere un portafoglio crediti di dimensioni marginali (o inesistente) rispetto al totale dell'attivo.

In buona sostanza, dato che il problema principale delle banche italiane è il significativo ammontare di crediti deteriorati, va da sé che se di crediti in bilancio non ce ne sono (o ce ne sono pochi), saranno pochi o inesistenti anche i crediti deteriorati.

Ben inteso, non è che limitarsi a fare gestione del risparmio sia sbagliato, ma non è per forza indice di maggiore virtù avere una migliore solidità patrimoniale se ci si confronta con banche commerciali che fanno credito, soprattutto dopo anni di crisi.

Ciò premesso, se le banche commerciali, pur essendoci differenze tra esse, rischiano di contagiarsi a vicenda, al contrario di quanto accade in altri settori, la cosa più sensata da fare è cercare di capire perché.

Spesso si sente sostenere che la fiducia dei depositanti è un elemento essenziale per la stabilità del sistema bancario. Più che di vera e propria fiducia credo si tratti spesso di ignoranza sul reale funzionamento delle banche, e in particolare del meccanismo della riserva frazionaria. Che, si badi bene, rende le banche sempre potenzialmente insolventi qualora, appunto, vi sia un calo di fiducia da parte dei depositanti.

Il fatto che la stessa somma di denaro sia formalmente a disposizione del depositante (legittimo proprietario) ma sia legalmente possibile per la banca concederla in prestito, fa sì che più soggetti abbiano il diritto di disporre a vista di quel denaro.

La riserva che la banca è obbligata a tenere presso la banca centrale per far fronte alle richieste di liquidità di chi è titolare del diritto di disporre a vista del denaro non è, evidentemente, sufficiente se non a far fronte a pochi deflussi. Questo, assieme alla carenza di mezzi propri, alla trasformazione delle scadenze e alla illiquidità di gran parte dell'attivo (crediti), rende le banche fragili.

Il meccanismo della riserva frazionaria, pur essendo legale, è illegittimo, violando il diritto di proprietà del depositante. E' vero che l'articolo 1834 del codice civile prevede che la somma depositata, anche se prelevabile a vista, diventa di proprietà della banca; è altrettanto vero, però, che se il depositante può richiedere quella somma di denaro in qualsiasi momento ne rimane, in sostanza proprietario. Poco importa se, da un punto di vista formale, la banca non è tenuta a restituire quelle stesse banconote (nel caso di denaro elettronico neppure si pone il problema), bensì una quantità fungibile. Se quella somma di denaro è resa disponibile a un altro soggetto, in sostanza la possibilità di chiederne l'utilizzo a vista è subordinata al fatto che la banca abbia una riserva sufficiente, ossia che vi sia un limitato numero di richieste da parte di depositanti e affidatari.

In pratica, con la riserva frazionaria il denaro viene moltiplicato, il che equivale a contraffarlo. Dato che questo meccanismo di contraffazione legalizzata è utilizzato da tutte le banche, è evidente il rischio di contagio in caso di calo di fiducia da parte dei depositanti. Occorre tenere presente, tra l'altro, che le banche sono interconnesse anche per via del funzionamento dei sistemi di pagamento.

La direttiva BRRD ha tra gli obiettivi anche quello di contenere l'azzardo morale da parte delle banche, il che è condivisibile. Ma senza una rimozione del meccanismo di riserva frazionaria non ci si deve stupire se l'applicazione della BRRD provochi crisi sistemiche.

Il fatto è che il superamento della riserva frazionaria avrebbe, tra le altre conseguenze, la minore disponibilità di credito, oltre a un maggior costo dello stesso. Due cose considerate come vere e proprie sciagure sia da coloro che regolano le banche, sia da coloro che addebitano alle stesse tutti i mali del mondo.

In sostanza, se si vuole che le banche non si contagino a vicenda, si deve essere disposti a un cambiamento radicale del loro funzionamento. Dubito che ciò sia desiderato, se non da una minoranza di persone, per lo più considerate folli quando sostengono cose come quelle che ho appena scritto.


Commenti

  1. Leggo con piacere il suo blog, concordando (praticamente) sempre con le sue considerazioni. Sulla riserva frazionaria, però, ho un punto di vista diverso dal suo e vorrei esporlo per (eventualmente) leggere la sua opinione in proposito.

    Un prestito consiste nel "dare o ricevere qualche cosa (denaro, un bene, un oggetto) con l’impegno di restituirla entro un periodo di tempo determinato o non determinato" ( http://www.treccani.it/vocabolario/prestito/ ). Infatti, nel caso dei prestiti in denaro, esistono quelli a tempo determinato (come i mutui) e quelli a tempo non determinato (come i demand loan http://www.wisegeek.com/what-is-a-demand-loan.htm ).
    Perciò aprire un c/c equivale a concedere alla banca un prestito a tempo non determinato. Infatti il correntista cede la proprietà del proprio denaro per un periodo di tempo non determinato, ricevendo in cambio degli interessi. Il correntista rinuncia ai suoi soldi per tutto il tempo che intercorre dal momento in cui li affida alla banca al momento in cui ritira una somma minore o equivalente (prelevandola, o effettuando un bonifico, o firmando un assegno, etc). Tale periodo di tempo non è determinato a priori, ma viene deciso dal correntista stesso. Fino a quando il correntista non decide di porre fine al prestito, la banca detiene la proprietà del denaro e perciò ne può disporre a suo piacimento.

    Facciamo un esempio. Supponiamo che io depositi 1000€ in banca e che, dopo 2 mesi, prelevi 200€ per fare un acquisto. Questo significa che per 2 mesi mi sono astenuto dal consumare - cioè ho risparmiato quei 1000€ - e ho concesso un prestito alla banca durante tale arco di tempo. Dopo 2 mesi, invece, ho consumato 200€ e ho continuato a risparmiare gli altri 800. La banca usa il mio risparmio (e quello di altri clienti) per finanziare i prestiti che concede. Certamente corre dei rischi, ma non mi sembra che violi il contratto pattuito.

    Noto infine che, anche abolendo la riserva frazionaria, nulla vieterebbe alle banche di proporre (lecitamente) forme simili di prestito - come i sopra-citati demand loan. Oppure, più semplicemente, le banche potrebbero farsi prestare il denaro dei correntisti con scadenze brevi e automaticamente rinnovate (ogni giorno, ogni ora o anche ogni minuto). Nel momento in cui un correntista volesse spendere quei soldi, non rinnoverebbe il prestito e si farebbe restituire il denaro.
    Quindi non ci sarebbe alcuna differenza rispetto al sistema attuale, eppure sarebbe una forma di prestito (a scadenza determinata) perfettamente lecita anche dal punto di vista di chi è contrario alla riserva frazionaria...

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  3. Grazie per l’osservazione e mi scusi se rispondo in ritardo.
    Quello che lei sostiene è il cosiddetto “free banking”, in base al quale nulla dovrebbe vietare alle parti di stabilire contrattualmente che il depositante presta soldi alla banca potendoli ritirare in qualsiasi momento.
    E’ un dibattito che si protrae da anni, e sul quale credo sia interessante scambiare opinioni. Cercherò, senza dilungarmi troppo, di argomentare in quali condizioni potrebbe funzionare il free banking e perché io preferisca comunque l’abolizione della riserva frazionaria.
    Intanto alcune osservazioni sul suo commento. Nel mio pezzo ho distinto tra ciò che è legale e ciò che è legittimo, sostenendo che il passaggio di proprietà dal depositante a vista alla banca è legale (lo prevede il codice civile), ma è illegittimo, perché il deposito non è una transazione creditizia.
    Una transazione creditizia presuppone lo scambio di un bene presente con la promessa di ricevere un bene futuro. Sottilizzando uno potrebbe sostenere che un istante dopo aver depositato, il depositante potrebbe ritirare il denaro, e ciò nonostante sarebbe comunque intercorso del tempo, rendendo la transazione formalmente un contratto di credito. Credo che saremmo nel campo del surreale, però.

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  4. Nella sostanza, quindi, il depositante a vista non fa credito alla banca, ancorché la legislazione stabilisca il contrario. Se il depositante volesse privarsi della disponibilità nel presente (e nel continuo) di quella somma di denaro, ancorché per un breve periodo di tempo, stipulerebbe un certificato di deposito o un time deposit.
    Anche seguendo il suo esempio, se lei lascia i soldi in deposito a vista per due mesi, è solo ex post che si può determinare che ha rinunciato a utilizzarli per due mesi, perché avrebbe potuto chiederne il ritiro (o il bonifico altrove) in qualsiasi momento. Lei non ha, nella sostanza, prestato soldi alla banca. Prova ne sia che se lei fosse l’unico depositante e quella banca avesse prestato 900 euro, con ogni probabilità non sarebbe in grado di restituirle 200 euro a sua richiesta dopo due mesi.
    Prima di dire perché io preferisco un sistema con riserva al 100%, vorrei indicare quali sono, a mio parere, le condizioni in cui potrebbe funzionare il free banking da un punto di vista pratico.
    In primo luogo, non dovrebbe esserci la banca centrale con la sua funzione di prestatore di ultima istanza e, di fatto, di regolatore del cartello bancario. In secondo luogo, le banche dovrebbero essere nel maggior numero possibile, sempre per evitare il più possibile la formazione di cartelli. Va da sé che non esisterebbe neppure alcuna forma di garanzia pubblica (neppure implicita) sui depositi. A queste condizioni presumo che la riserva effettiva detenuta a fronte della passività a vista (o a breve scadenza) sarebbe significativamente superiore a quella stabilita dalla banca centrale e si avvicinerebbe più a un sistema a riserva integrale che a quello attuale.
    Io stesso, nel pezzo, ricordo che la fragilità di una banca non è data solo dalla riserva frazionaria sui depositi a vista, ma anche dalla significativa trasformazione delle scadenze e dalla carenza di mezzi propri.

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  5. Posto, dunque, che un sistema di free banking potrebbe, in teoria, funzionare date le condizioni sopra esposte, perché io preferisco un sistema a riserva integrale?
    Sostanzialmente perché il depositante non si priva della disponibilità in qualsiasi momento del denaro depositato. Ciò significa che, ancorché legalmente ne perda la proprietà fino a richiesta di rimborso, nella sostanza resta il proprietario. E la proprietà sulla stessa somma di denaro non può, nello stesso momento, essere di diversi soggetti. Si tratta, in ultima analisi, di contraffazione legalizzata. Un’attività che, a mio parere, resta illegittima, anche se a certe condizioni “funziona”. Anche uno schema Ponzi, a certe condizioni, funziona.
    Venendo alla parte finale del suo commento, io non porrei limiti alla libertà contrattuale. Il fatto, però, che si verifichino le corse agli sportelli è dovuto alla realizzazione, da parte di un numero crescente di depositanti, che i soldi non sono custoditi dalla banca, contrariamente a quanto molti di essi credono. In un regime di free banking, probabilmente ci sarebbe più consapevolezza (oggi, è un dato di fatto, c’è una significativa ignoranza in materia) da parte dei depositanti o di coloro che stipulassero contratti di prestito con ritiro a vista. Il che mi lascia supporre che, sempre nelle condizioni esposte sopra, la riserva effettiva sarebbe molto più vicina al 100% che al livello attuale. In sostanza, in un regime di free banking puro, avrebbe poco senso per una banca esporsi al rischio di insolvenza facendo credito con denaro a vista.
    Credo che questo resti comunque un punto molto dibattuto tra libertari.

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  6. La ringrazio per la cortese ed interessante risposta!
    Mi scuso anch'io per il ritardo con cui le rispondo.

    Ovviamente sono favorevole alle condizioni da lei indicate per il free banking: abolizione della banca centrale, di tutte le restrizioni alla concorrenza tra banche, di tutte le forme di garanzia pubblica sui depositi, etc. Accetterei qualunque coefficiente di riserva scelto dalle banche in tali condizioni.

    Nel precedente commento ho fatto un discorso, per così dire, di principio. Ho considerato forme di contratto eticamente lecite (nel senso che rispettano il principio di non aggressione) le quali, per quanto "bizzarre", mi sembrano equivalenti agli attuali contratti stipulati tra banche e correntisti: prestiti a scadenza non determinata, e prestiti automaticamente rinnovabili con scadenza "molto breve". Da un punto di vista strettamente etico, se sono leciti quest'ultimi, lo dovrebbe essere anche la riserva frazionaria...no?

    Vorrei sfruttare quest'occasione anche per chiederle un'opinione sul ruolo della riserva frazionaria nei cicli di boom&bust. In particolare, vorrei fare un confronto tra tre scenari.

    CASO A
    Tizio ottiene 10'000 € dalla vendita di un bene. Ne presta 8'000 alla sua banca, con scadenza tra 12 mesi; spende i restanti 2'000 € nei 12 mesi successivi. La banca presta quegli 8'000 € a Caio, con scadenza tra 10 mesi. Caio li usa per fare un investimento che (supponiamo) va a finire bene.

    Quindi il risparmio di Tizio (8'000 € per 12 mesi) finanzia l'investimento di Caio. Cioè Tizio ha prodotto un bene, l'ha venduto e - anziché usare il ricavato per consumare un bene equivalente - si astiene dal consumo per 12 mesi. Penso che siamo d'accordo sul fatto che, in questo caso, non si presenta alcun ciclo boom&bust.

    CASO B
    Tizio ottiene 10'000 € dalla vendita di un bene. Li mette sul c/c della sua banca a riserva frazionaria; nei 12 mesi successivi preleva e spende 2'000 €. La banca presta quegli 8'000 € a Caio, con scadenza tra 10 mesi. Caio li usa per fare un investimento (lo stesso del CASO A).

    A me sembra che, anche in questo caso, il risparmio reale di Tizio finanzi l'investimento di Caio. Infatti Tizio si astiene dal consumare 8'000 € per 12 mesi. La banca non può saperlo a priori: solo ex post si può dire se abbia fatto una scelta saggia a finanziare il prestito a Caio. Essa assume un rischio. Ciò non toglie che, da un punto di vista reale, Tizio si sia astenuto dal consumo. No? Consideriamo poi l'altro caso possibile.

    CASO C
    Tizio ottiene 10'000 € dalla vendita di un bene. Li mette sul c/c della sua banca a riserva frazionaria. La banca presta quegli 8'000 € a Caio, con scadenza tra 10 mesi. Caio li usa per fare un investimento (lo stesso dei CASI A e B). Dopo 5 mesi, però, Tizio tenta di prelevare i suoi 10'000 €. Essendo l'unico cliente della banca, la banca fallisce (supponendo che nessuno voglia concederle un prestito o comprare il titolo di credito verso Caio). Tizio può riprendere 2'000 € subito, ma deve aspettare che Caio ripaghi il debito per ottenere i restanti 8'000 €.

    In sostanza, Tizio risparmia volontariamente per 5 mesi - mentre per i restanti mesi è costretto a risparmiare. Deve comunque astenersi dal consumo: in parte lo fa volontariamente, in parte per necessità di cose. Ma, in fin dei conti, mi sembra che anche in questo caso l'investimento di Caio sia finanziato dal risparmio reale di Tizio. Non significa, allora, che la riserva frazionaria non possa essere causa di cicli boom&bust?

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  7. Prima di concentrarmi sui tre casi, ribadisco un punto già espresso nella precedente risposta. Io non porrei alcun limite alla libertà contrattuale, purché fosse rimossa la cortina fumogena attuale che punta molto più sull’inconsapevolezza dei depositanti piuttosto che sulla loro fiducia che la banca sarà in grado di restituire il denaro in qualsiasi momento pur avendo la facoltà di utilizzarlo tenendo solo una riserva minima (in area euro 1% delle passività fino a 2 anni, che allevia solo in parte il problema di un calcolo fatto solo sulle passività a vista).

    Venendo ai tre esempi:
    CASO A
    D’accordo
    CASO B
    Lei stesso riconosce che solo ex post si può determinare l’astensione dall’utilizzo del denaro da parte di Tizio. Quindi non si può dire che Tizio intendesse risparmiare, altrimenti avrebbe vincolato quella somma per un certo periodo di tempo. E, in effetti, veniamo al
    CASO C
    La banca in questo caso fallirebbe, e ciò dimostra che quello di Tizio non era risparmio. I depositanti di altre banche potrebbero perdere fiducia e chiedere a loro volta di ritirare i depositi. Non mi stupirei se questo provocasse una crisi sistemica.

    La riserva frazionaria contribuisce ad aumentare l’offerta di moneta e, di conseguenza, ad abbassare i tassi di interesse. Ciò rende ex ante apparentemente profittevoli investimenti (da finanziare a debito) che non risulterebbero tali in un contesto di tassi di interesse non distorti al ribasso. Nel CASO C è evidente che Tizio non aveva cambiato le sue preferenze temporali (ossia non intendeva risparmiare quella somma), ma i tassi bassi inducono molti Caio a supporre che quel risparmio ci sia e, quindi, a fare investimenti a lungo termine. Quando emerge che Tizio non voleva risparmiare, nel CASO C la banca fallisce. Nella realtà è più probabile che la banca (e anche le altre banche) riducano l’offerta di credito a fronte dei prelievi da parte dei vari Tizio. Ciò genera una pressione al rialzo sui tassi di interesse, e questo mette in difficoltà i vari Caio.

    Semplificando e sintetizzando, se si iporta l’esempio a livello sistemico nella prima fase si ha il boom, nella seconda il bust.

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  8. La ringrazio nuovamente.
    Comprendo la logica del suo punto di vista, ma ho ancora qualche dubbio.

    Consideriamo i casi A e B. Cioè stiamo considerando due situazioni esattamente uguali, eccetto che per il contratto stipulato tra Tizio e la banca. Nei due casi, Tizio produce le stesse cose, le vende, si astiene dal consumo per la stessa quantità di tempo, Caio fa lo stesso investimento, etc. Cambia solo ciò che viene scritto nel contratto: nel caso A c'è una scadenza, nel caso B no. Non mi è chiaro se, dal suo punto di vista, ciò sia sufficiente a rendere "cattivo" l'investimento di Caio.
    Detto altrimenti: se (in assenza di banca centrale etc) le banche vincessero sempre la "scommessa" e riuscissero sempre ad onorare le richieste di prelievo, ci sarebbero comunque cicli boom&bust?

    In generale, penso che entrambi concordiamo su questo: non c'è nulla di male se l'offerta di credito aumenta (e quindi i tassi d'interesse diminuiscono) in presenza di un maggior risparmio reale. Penso anche che concordiamo sul modo in cui si forma il risparmio reale: quando una persona produce dei beni/servizi, ma rimanda il consumo di essi (o di beni/servizi di valore equivalente) a un momento futuro. In questa maniera, i beni/servizi che non vengono consumati (e/o i rispettivi mezzi di produzione) sono disponibili per altri impieghi.

    Veniamo allora al caso C. Inizialmente Tizio si astiene volontariamente dal consumo, quindi Caio può usare delle risorse reali per il suo investimento. Successivamente Tizio vuole effettuare il consumo, ma non può più farlo: deve aspettare che Caio estingua il suo debito verso la banca. Dunque, in pratica, si ha che Tizio si deve astenere dal consumo per tutto il tempo necessario a Caio per effettuare l'investimento. Non è quindi una situazione equivalente ai casi A e B?
    Lei ha sicuramente ragione nel sostenere che la banca del caso C (grazie alla riserva frazionaria) abbia aumentato l'offerta di credito. Ma questo è vero anche per il caso A: il risparmio di Tizio contribuisce ad aumentare il credito erogabile dalla banca a Caio.
    Lei ha ragione anche nel sostenere che, nel caso C, l'offerta di credito verrà infine restrinta. Ma - di nuovo - questo è vero anche per il caso A: quando Tizio riprende il suo denaro e lo spende (anziché continuare a risparmiarlo) il credito erogabile dalla banca diminuisce. Alla fine del caso A, i tassi d'interesse (ceteris paribus) torneranno dove erano prima che Tizio iniziasse a risparmiare.
    Infatti, se il Tizio del caso A si fosse reso conto di aver sbagliato i suoi calcoli e avesse chiesto un prestito di emergenza a metà dei 12 mesi, i tassi d'interesse sarebbero aumentati comunque - per effetto della maggiore domanda di credito. Anche in assenza della riserva frazionaria, quindi.

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  9. La vera differenza tra i casi A e B è a mio parere da individuare nella motivazione per la quale Tizio sceglie nel primo caso di depositare a vista e nel secondo di vincolare la somma a una certa scadenza. Solo quest’ultima transazione è, da un punto di vista sostanziale, un credito concesso da Tizio alla banca. Solo questa è astensione dal consumo presente, perché Tizio rinuncia alla disponibilità immediata di quel denaro.
    Per giudicare l’investimento di Caio occorre sapere di cosa si tratta. Anche in un ciclo boom&bust non tutti gli investimenti sono “cattivi”, così come esisterebbero investimenti errati anche in assenza di riserva frazionaria (altrimenti l’attività di impresa non avrebbe nessuna incertezza). Resta il fatto che a caratterizzare un ciclo boom&bust è la presenza di investimenti “cattivi” in misura rilevante, dovuta al falso segnale lanciato da tassi di interesse bassi non perché c’è un eccesso di risparmio (per inciso, quello che sosteneva Bernanke e oggi ripete ogni due minuti Draghi), bensì perché c’è espansione del credito non supportata da risparmio reale.
    Tra l’altro, il tasso sui depositi a vista è generalmente più basso di quello sui depositi vincolati (ed è ragionevole che sia così, per via della rinuncia alla disponibilità immediata del denaro e all’assunzione di rischio di credito da parte di Tizio), quindi se non vi fosse riserva frazionaria l’investimento di Caio avrebbe un valore attuale netto più basso, forse negativo (in tal caso sarebbe “cattivo”). E’ ragionevole attendersi che Caio non si indebiterebbe per fare un investimento il cui valore attuale netto risultasse negativo.
    Quanto all’ipotesi che si possa restare sempre nel caso B senza che si verifichi mai il caso C, mi sembra quanto meno azzardata (storicamente, tra l’altro le corse agli sportelli ci sono state, non sono una ipotesi teorica).

    Non credo che concordiamo sulla formazione di risparmio reale, altrimenti non avremmo idee diverse su questi esempi. Credo che la differenza di fondo, già espressa all’inizio, sia data dal fatto che solo rinunciando alla disponibilità immediata del denaro si sta risparmiando. Non fa differenza se invece di comprare beni di consumo una persona tiene una certa quantità di denaro depositata a vista: quel denaro non lo sta volontariamente prestando alla banca, altrimenti rinuncerebbe alla disponibilità a vista. E se non esistesse il prestatore di ultima istanza (banca centrale) e uno schema (peraltro illusorio) di garanzia sui depositi la cosa sarebbe ancora più chiara anche per Tizio.

    Questo porta alla fine ad avere un punto di vista molto diverso sul caso C. In pratica, Tizio si trova a sopportare le conseguenze negative di un rischio di credito che non intendeva assumere e per il quale molto probabilmente non è neppure stato remunerato (vedi la differenza tra tassi a vista e su depositi a scadenza di cui sopra).
    In definitiva, il caso C è simile al B, con la sola differenza (peraltro casuale) che nel caso B non si verifica il default della banca a seguito della richiesta di prelievo da parte di Tizio. Ma entrambi differiscono dal caso A, che è l’unico nel quale Tizio rinuncia alla disponibilità immediata del denaro, lo presta alla banca e si può supporre che, per questo, ottenga un tasso superiore rispetto a quello sul deposito a vista. Il che porta a un maggior tasso anche per il prestito della banca a Caio. Un tasso non ribassato per via dell’utilizzo da parte della banca di somme depositate a vista da Tizio.

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  10. Sembra anche a me che la questione del risparmio reale sia il principale motivo per cui le sue e le mie conclusioni in merito ai tre esempi differiscano. Rifletterò allora su ciò che mi ha scritto in proposito. Comunque concordo già ora nella sua critica a Bernanke e Draghi.

    Lungi da me negare che si possano verificare corse agli sportelli (anzi!), volevo "spezzare il problema" in due parti per vedere se le mie conclusioni potessero coincidere con le sue in almeno una delle due. Ci ho provato.
    Ciò detto, non mi torna che il tasso d'interesse pagato da Caio nei casi B (e C) sia inferiore a quello pagato nel caso A. Mi spiego meglio.

    Stiamo supponendo che il mondo del caso A sia uguale al mondo del caso B, eccetto che per il tipo di contratto tra Tizio e la sua banca. Nel caso A, dopo che Tizio ha prestato (con scadenza determinata) i suoi soldi alla banca, l'offerta di credito bancario aumenta di 8'000 €. Semplificando: stante una certa domanda di credito, si viene a creare un nuovo tasso d'interesse - inferiore a prima - che è appunto quello pagato da Caio. Per dare un numero, diciamo che sia pari al 5 percento. E' il tasso d'interesse che massimizza i profitti della banca: se fosse superiore, Caio non lo accetterebbe; se fosse inferiore, i profitti sarebbero inferiori e un numero maggiore di persone chiederebbe credito alla banca. Inoltre quel 5% serve a remunerare Tizio per il suo risparmio, e la banca per la sua intermediazione; sempre per dare delle cifre, diciamo che a Tizio va il 3% e alla banca il restante 2%.
    Ora consideriamo il caso B. Anche in questo caso, l'offerta di credito bancario aumenta di 8'000 €. Per cui, stanti la domanda e l'offerta di credito bancario, la banca chiederà a Caio lo stesso tasso d'interesse che massimizza i suoi profitti (il 5 percento). Perché dovrebbe chiedere di meno rispetto al caso A? Quello che ritengo più probabile è che cambi la ripartizione di quell'interesse: poiché la banca si assume un rischio maggiore (e Tizio un rischio minore) è possibile che ad essa vada una fetta maggiore, tipo il 4 percento (e a Tizio il restante 1 percento). No?

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  11. Credo che il punto di fondo sia sempre lo stesso: lei considera che “il mondo nel caso A sia uguale al mondo nel caso B”, mentre io credo che siano due mondi diversi, per il semplice fatto che nel caso A Tizio risparmia (ossia rinuncia alla disponibilità immediata del denaro depositato), mentre nel caso B non risparmia (dato che mantiene la possibilità di disporre in qualsiasi momento del denaro depositato).
    Da ciò deriva tutto il resto: nel caso A è ragionevole (e ciò lo si riscontra anche empiricamente) che Tizio ottenga una remunerazione (tasso di interesse) superiore dalla banca rispetto al caso B, dato che vincola la somma depositata per una certa scadenza. Questo fa sì che, a parità di altre condizioni, il tasso che la banca chiede a Caio sia superiore nel caso A rispetto al caso B.
    Lei suppone, invece, che il tasso che la banca chiede a Caio sia identico in entrambi i casi, variando il margine per la banca. Ma se ipotizziamo che il mercato sia in concorrenza, non credo sia ragionevole supporre che il margine per la banca sia diverso nei due casi. Potrà esserlo in via temporanea, ma non in via definitiva.
    Ma ripeto: se per lei la situazione di Tizio nei casi A e B è identica, su tutto ciò che ne consegue difficilmente troveremo un accordo.

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  12. Quello che volevo dire è che il Caio del caso A è identico al Caio del caso B, etc. La differenza sta appunto nel comportamento di Tizio (da cui l'espressione "eccetto che per il tipo di contratto tra Tizio e la sua banca"). La domanda è: tale differenza comporta altre differenze, in particolare riguardo al tasso d'interesse pagato da Caio?

    Secondo lei, sì: il tasso d'interesse pagato da Caio nel caso B è minore rispetto a quello del caso A. Ciò in virtù del fatto che Tizio viene remunerato di più nel caso A rispetto al caso B.
    Io concordo sul fatto che Tizio ottenga una remunerazione maggiore nel caso A rispetto al caso B, ma non ritengo che ciò cambi il tasso d'interesse pagato da Caio. Questo per i seguenti motivi:

    (1) La banca, nel caso B, sta affrontando un rischio maggiore rispetto al caso A. Infatti, oltre al rischio che Caio non possa ripagare il debito, si aggiunge il rischio che Tizio prelevi una somma superiore alla riserva detenuta dalla banca (facendola fallire). Dal momento che l'interesse rappresenta (anche) il premio per il rischio, non mi sembra ragionevole l'idea che la banca chieda nel caso B lo stesso margine di profitto del caso A. Questo ragionamento non dimostra necessariamente che la somma delle remunerazioni della banca e di Tizio nel caso B sia uguale all'analoga somma del caso A, ma è comunque un fattore da tenere in considerazione e che va in quella direzione.

    (2) La domanda e l'offerta di credito bancario sono uguali nei due casi, perciò lo deve essere anche il tasso d'interesse determinato da esse.

    (3) Sono consapevole che, in generale, costi di produzione minori hanno come conseguenza prezzi minori. La sua obiezione (mi corregga se sbaglio) poggia su una logica simile: i costi della banca (cioè l'interesse pagato a Tizio) nel caso B sono inferiori rispetto al caso A, perciò il prezzo dei servizi della banca (cioè l'interesse chiesto a Caio) dovrebbe a sua volta essere minore. Ma questo ragionamento è (secondo me) ingannevole.
    Se i minori costi di produzione portano ad una maggiore offerta del bene, allora è vero che i prezzi diminuiscano (maggiore offerta + stessa domanda = prezzi minori). Ma se l'offerta (e la domanda) rimangono invariati, i prezzi rimangono invariati - anche in presenza di concorrenza.

    Supponga, infatti, che il Tizio del caso B depositi 5'000 € nella banca X e altri 5'000 € nella banca Y (e che le due banche tengano a riserva 1'000 € ciascuna). Supponiamo che la banca X offra un prestito di 4'000 € ad un tasso inferiore rispetto al caso A, mentre la banca Y chieda lo stesso tasso d'interesse del caso A. Sicuramente la banca X trova domanda per il suo credito, ma non può sottrarre fette di mercato alla banca Y: una volta prestati i "suoi" 4'000 €, la banca X non può "produrre" altro credito bancario. La banca Y può allora concedere il suo prestito, dal momento che sta chiedendo lo stesso interesse del caso A - cioè un interesse che qualcuno (Caio) è disposto a pagare. Ne deriva che anche alla banca X conviene chiedere lo stesso interesse del caso A.

    Rileggendo, mi rendo conto (come minimo) che si tratta di un ragionamento contorto. Ma, in ultima analisi, si basa sulla logica del punto (2) ovvero sul fatto che la determinazione del tasso d'interesse è data dalla domanda e dall'offerta di credito - indipendentemente dal fatto che la remunerazione di Tizio diminuisca nel caso B.
    Discorso diverso sarebbe se la remunerazione di Tizio diminuisse a causa di una maggiore offerta di depositi: in tal caso l'offerta di credito bancario potrebbe aumentare, e quindi il tasso d'interesse (a parità di domanda) scenderebbe.

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  13. 1) Nel mondo reale il premio per il rischio chiesto a Caio è relativo alla sua probabilità di default, non al rischio che Tizio, depositante a vista, vada a prelevare denaro in eccesso alla riserva della banca. Ed è giusto che sia così anche da un punto di vista teorico.

    2) e 3) L’offerta aumenta per definizione se una banca usa i depositi a vista rispetto al caso in cui (in assenza di riserva frazionaria) non li utilizzi per fare credito. Ma volendo anche fermarci all’ipotesi di invarianza dell’offerta, in regime di concorrenza le cose non funzionano come nell’esempio che riporta lei. Le due banche X e Y, essendo in concorrenza, cercano di guadagnare quote di mercato. Se una delle due abbassa il tasso sui prestiti (tra l’altro, perché paga il denaro a vista meno che quello a scadenza), quell’altra non sta ferma ad aspettare che abbia finito le “munizioni”, ma abbassa a sua volta il tasso richiesto sui prestiti.
    Ora, tornando alla questione originaria su boom & bust, questa riduzione dei tassi di interesse potrebbe rendere ex ante convenienti degli investimenti finanziati a debito che non lo sarebbero senza un abbassamento del tasso dovuto alla riserva frazionaria. Ma dato che l’aumento di credito non è conseguente a un aumento di risparmio reale, la successiva normalizzazione dei tassi (qui ci si potrebbe dilungare, ma non credo sia opportuno) fa emergere l’insostenibilità di quegli investimenti a debito. E’ una sintesi brutale, ma credo che lei sappia di cosa sto parlando.

    Un’ultima considerazione: credo che il motivo di fondo che la porta alla posizione che lei sostiene sia che effettua un ragionamento partendo dalla situazione ex post. Ma nessuno, nel mondo reale, opera sapendo già come sarà il futuro. Ogni decisione deve essere presa ex ante, e ci sono cose che necessariamente non sono note. Ex post ogni banca sa quanti depositi a vista sono stati prelevati nei mesi/anni precedenti, quindi potrebbe sempre minimizzare la riserva. Non ci sarebbe mai una crisi bancaria, sia perché non ci sarebbe corsa agli sportelli, sia perché ogni banca saprebbe ex ante a chi prestare i soldi, evitando di darli a chi si sa che andrà in default.

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