Scorie - Non è certo Musk il paladino della deregulation

Nel consueto e noioso sermone domenicale sul Sole 24 Ore, Sergio Fabbrini si occupa, come spesso accade di recente, di Trump.

A proposito del battibecco tra Peter Navarro, sostenitore dei dazi, ed Elon Musk, che è contrario, Fabbrini scrive:

"In realtà, Musk non vuole i dazi in nome di mercati aperti e deregolati che favoriscono le sue imprese (una deregolazione che vuole imporre anche al mercato europeo)".

Supponendo che Musk sia effettivamente favorevole a mercati aperti, non è le deregolamentazione che ha sin qui favorito le sue imprese, tanto nell'aerospaziale quanto nel settore della mobilità. Si pensi a Tesla, per esempio: è proprio la regolamentazione, soprattutto quella green, che ha politicamente imposto la transizione verso un (triste) mondo in cui potranno essere immatricolati sono veicoli elettrici, ad avere dato una spinta a Tesla.

Per diversi anni una parte consistente dei suoi ricavi sono arrivati più dalla vendita di certificati di emissione alle case automobilistiche che producono modelli con motore endotermico che dalla vendita di dispositivi elettrici con ruote.

Tutto questo in un mercato libero e deregolamentato non ci sarebbe stato. Semplicemente, in un mercato libero i modelli elettrici dovrebbero gareggiare ad armi pari, e con ogni probabilità la loro diffusione sarebbe molto minore di quella attuale, che peraltro non è enorme.

E il mondo, checché ne pensino gli ecotalebani, non starebbe realmente peggio, dato che la completa elettrificazione del parco auto non ridurrebbe che marginalmente le cause che costoro imputano al genere umano del cambiamento climatico.

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