Scorie - Attenti a difondere l'idea della partita di giro
In un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore, Mariangela Pira parte dal notare che "ci ritroviamo con un debito che sfiora i tremila miliardi e uno spread sui minimi da quattro anni".
A differenza di altri Paesi del G7, di recente c'è stata una buona stabilità politica. Ma quello che "vediamo sui mercati oggi non è figlio di quanto generato negli ultimi vent'anni, di una crescita zero virgola. Dopo il trentennio d'oro - siamo arrivati al 1975 con un debito/Pil al 54%, in una condizione estremamente virtuosa - ci siamo giocati a carte il Paese, con politiche di tipo clientelare e atteggiamenti volti all'aggregazione del consenso piuttosto che alla pianificazione. E con l'incapacità di adattare il nostro sistema paese ai cambiamenti che la Thatcheromics e la Reaganomics hanno imposto cioè la globalizzazione e un peso sempre più ridotto dello stato nell'economia."
Direi che il problema era iniziato in realtà un po' prima, con i primi governi di centrosinistra, ma certamente gli anni Settanta e Ottanta hanno completato l'opera, per così dire.
Per il resto, diffido della pianificazione governativa, che solitamente viene vista come salvifica, mentre il problema starebbe nel clientelismo. Che certamente c'è stato, peraltro. Quanto a Thatcheromics e Reaganomics, a sud delle Alpi certamente non s'è visto nulla del genere, anche se pure in Gran Bretagna e Stati Uniti lo Stato non è certo diventato un peso leggero.
Secondo Pira dovremmo guardare a quanto avviene in Giappone.
"Quando si dice per esempio che il Giappone ha il 220% del debito pubblico paradossalmente si descrive una situazione virtuosa. Essa è legata al fatto che Tokyo è indebitata in una bilancia commerciale strutturalmente e fortemente in attivo: le imprese giapponesi esportano più di quanto importano, dalle auto alla tecnologia, dalle Toyota alle Panasonic. Hanno poi – da qui la frase citata sopra in corsivo – una detenzione di asset nazionali, domestici, maggiore della quota degli stessi asset detenuti da soggetti terzi. Quando si legge "220% del rapporto debito/Pil" la prima domanda che ci si deve fare è quanto di questo debito è in mano agli stranieri. Perché se lo è per gran parte significa ipoteca sul tuo patrimonio nazionale. Se quel debito invece è in mano alla popolazione del Paese che lo emette è una partita di giro."
Un esempio che andrebbe imitato e che in parte il governo sta cercando di imitare, secondo Pira.
Non sono d'accordo. L'esplosione del debito pubblico giapponese è, mi si passi la semplificazione, la traslazione del debito privato a seguito dello scoppio della bolla immobiliare e finanziaria di fine anni Ottanta. Per attutire il più possibile i (necessari) aggiustamenti di mercato, lo Stato si è fortemente indebitato. E buona paete di quel debito è stato monetizzato, ancorché indirettamente, dalla banca centrale mediante quantitative easing.
Oggi circa la metà del debito pubblico è detenito dalla Bank of Japan, un'altra fetta consistente da banche e fondi pensione domestici, mentre circa il 10% è detenuto all'estero. Questo fa conclludere a Pira (e a tanti altri) che si tratta in gran parte di una partita di giro, perché a livello domestico ci sono sia debitori che creditori. Questo è vero a livello macro, ma a livello micro la distribuzione di all'attivo e al passivo di questo debito nei singoli soggetti privati è tutt'altro che omogenea. E considerarlo una partita di giro significa pur sempre dare per assodato che lo Stato possa in qualsiasi momento decidere cosa fare, con buona pace dei giapponesi.
Siamo sicuri che siano tutti quanti liberi da ipoteche?
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