Scorie - Il servizio della Fed agli americani
Come è noto, dopo aver inveito contro la Fed quando abbassò il tasso sui Fed Funds lo scorso settembre, perché riteneva che la mosse fosse fatta per favorire la rielezione di Joe Biden, Donald Trump ha poi cambiato opinione non appena a vincere le elezioni dello scorso novembre è stato lui.
Da allora chiede incessantemente che la banca centrale tagli il tasso sui Fed Funds, e più lo taglia meglio è. Nel frattempo dà dell'idiota a Jerome Powell e cerca di cambiare quanti più membri votanti del FOMC può (o non può, ma nel intanto ci prova).
Ovviamente sono partiti i cori che paventano le conseguenze della perdita di indipendenza da parte della banca centrale. I quali non sono del tutto fuori luogo, nel senso che Trump vorrebbe avere lo stesso potere di Erdogan e ciò non avrebbe un impatto positivo per la gran parte degli americani.
Resta però del tutto illusoria l'idea che una banca centrale sia realmente indipendente. A parte che i vertici sono sovente di nomina politica, l'indipendenza è formale, ma qualcuno realmente crede che nelle decisioni di politica monetaria, QE compreso, siano estranei gli obiettivi del governo e le considerazioni sulla sostenibilità del debito pubblico?
Ciò detto, capita di leggere elogi dei risultati ottenuti dalla Fed "indipendente", come quello di Jonathan Levin su Bloomberg, secondo il quale "Trump sta conducendo una campagna quotidiana contro un'istituzione che ha servito bene gli americani per decenni, e questo è un problema".
La Fed dovrebbe perseguire come obiettivo la stabilità dei prezzi favorendo la massima occupazione. Fu istituita nel 1913 e, da quando esiste, il potere d'acquisto di un dollaro, misurato in base all'indice dei prezzi al consumo (una misura grossolana quanto a composizione e pesi attribuiti ai singolli beni, in ogni caso non indicativa dell'inflazione sui prezzi delle attività reali e finanziarie), è passato a 3 centesimi.
Questo sarebbe il servire bene gli americani. Probabilmente i benchmark di Levin sono la Reichsbank tedesca dei primi anni Venti del secolo scorso, o la banca centrale dello Zimbabwe in epoca molto più recente.
Tra l'altro la Fed divenne "indipendente" nel 1951, dopo aver per anni, soprattutto durante la Grande Depressione (causata dalla stessa politica monetaria espansiva dei suoi primi anni di vita) e la Seconda Guerra Mondiale, accomodato diligentemente le necessità del Tesoro, praticando una consistente repressione finanziaria. Eppure nel periodo "dipendente" le cose, dal punto di vista dei prezzi al consumo secondo le statistiche ufficiali, andarono meno peggio che dopo, con un 2,6% medio annuo. Nei circa vent'anni che precedettero l'uscita dal gold exchange standard ci fu un lieve miglioramento, passando al 2,3% annuo, ma da quel momento in poi la media composta annua, a oggi, è passata al 3,9%.
Dal Covid in poi, quando la Fed andò avanti per mesi a tassi a zero e massicce dosi di QE nonostante prezzi al consumo in forte aumento definiti "temporanei", la media è attorno al 4,3%, considerando anche la successiva discesa. Il tutto con un target (arbitrariamente) fissato al 2% e in piena "indipendenza".
Questo dicono i numeri: fu molto peggio abbandonare definitivamente ogni convertibilità in oro, piuttosto che la non piena "indipendenza". La dipendenza dal volere del governo è certamente peggiore come scenario, ma sostenere che la Fed ha "servito bene gli americani per decenni" è fin troppo generoso. La moneta dovrebbe essere tolta dalla gestione politica, per quanto condotta da tecnocrati "indipendenti".
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