Scorie - Ursula lancia i dispositivi EEE

Che uno sia un car guy o semplicemente uno che trova poco pratici o inaccessibili i dispositivi elettrici a quattro ruote, non dovrebbe mai dimenticare che il Green Deal europeo porta la firma (sciagurata) di Frans Timmermans, ma costui non è evidentemente l'unico responsabile, essendo la stessa responsabilità condivisa con la Commissione di cui faceva parte, a partire dalla presidente Ursula von der Leyen. Oltre alla maggioranza politica che sosteneva quella Commissione.

Si dà il caso che l'attuale Commissione sia ancora guidata da Ursula von der Leyen, che fin dall'esordio proclamò di voler semplificare la normativa e ammorbidire le rigidità del Green Deal, anche se finora ci sono state solo chiacchiere. 

Adesso se ne esce (lo ha fatto nel recente Discorso sullo stato dell'Unione) con l'idea dell'auto elettrica europea.

"Credo che l'Europa dovrebbe avere la propria auto elettrica. E come ecologica: pulita, efficiente e leggera. E come economica: accessibile a tutti. E come europea: costruita qui, con catene di approvvigionamento europee". 

Detto che sulle materie prime necessarie a costruire le batterie si dipenderebbe comunque da Paesi extraeuropei, Cina in primis, anche le casa automobilistiche, soprattutto quelle che presidiavano i segmenti entry level (Stellantis e Renault su tutte) vorrebbero poter offrire modelli elettrici piccoli ed economici, ma la quantità di dispositivi di (pseudo) sicurezza di cui ogni nuovo prodotto deve essere dotato rendono i costi incompatibili con una vendita a prezzi paragonabili a quelli ante Covid, se non in perdita.

Perdita che, se socializzata mediante programmi di incentivi, finirebbe sulle spalle dei pagatori di tasse. Perché non ci sono pasti gratis, men che meno nel mondo dei dispositivi elettrici.

A fronte dei (buoni?) propositi di von der Leyen, capita poi di continuare a sentire lobbisti della transizione forzata, come William Todts, direttore Esecutivo di Transport & Environment (T&E), che addebita le non esaltanti vendite di dispositivi elettrici in Europa a tassi di interesse e stagnazione. 

La realtà è che ogni volta che gli incentivi (a carico sempre dei pagatori di tasse) alla domanda sono diminuiti, le vendite sono fortemente rallentate. Ora, pensate a un atleta le cui performance sono in crescita perché si sta dopando e che peggiorano ogni qualvolta riduce il doping. Dubito che considerereste quell'atleta realmente competitivo. Ecco, i dispositivi elettrici a quattro ruote sono qualcosa del genere, a tutt'oggi.

Eppure Todts crede che la soluzione consista nell'alzare i dazi sui dispositivi cinesi, che ritiene "giusti e necessari. Oggi molte auto arrivano in Europa come kit dalla Cina, assemblati qui senza tariffe. Non possiamo permettere che accada. Lo stesso vale per le batterie: ben vengano gli investimenti, ma non a costo di cedere l'intera filiera."

Quanto alla dipendenza dalla Cina per le terre rare, secondo Todts "la Cina non controlla le miniere, ma la raffinazione. L'Europa può diversificare con accordi in Australia, Cile, Africa. Ma solo se offre un mercato solido. Per questo il target 2035 non va indebolito: senza un segnale chiaro, la filiera europea delle batterie non nascerà mai".

Il "mercato solido" a suon di incentivi, va da sé. Quindi l'alternativa è tra dispositivi inaccessibili (oltre che non voluti) da una parte crescente di europei, oppure resi artificialmente accessibili con conto a carico dei pagatori di tasse. Con il sempre presente problema della sostenibilità (oltre che dell'ingiustizia) di un programma di incentivi che riguardi un mercato di massa e non una parte dello stesso.

Un suggerimento a Ursula von der Leyen: proponga che almeno i contributi a T&E siano azzerati. 

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