Scorie - Cosa andrebbe fatto con la Fed

Tra le (tante) critiche mosse a Donald Trump c'è quella di voler minare l'indipendenza della Federal Reserve. 

Secondo Trump, il presidente "dovrebbe poter dire la sua". Anche perché "nel mio caso ho fatto un sacco di soldi, ho avuto molto successo e credo di aver un istinto migliore, in molti casi, delle persone della Fed o del loro presidente."

Su Bloomberg Johnatan Levin stigmatizza Trump (assieme al candidato alla vice presidenza Vance), sostenendo che "il popolo americano non dovrebbe scegliere la politica sui tassi di interesse più di quanto non facciano i medici di se stessi, rappresentino se stessi nelle corti di giustizia e costruiscano i loro ponti. Ci sono cose che è meglio lasciare ai professionisti, e la storia dimostra che tra queste ci sono le politiche sui tassi di interesse."

Lo stesso Levin riconosce poi che il presidente già nomina il capo della banca centrale e i membri del consiglio dei governatori. 

Non occorre essere complottisti per sospettare che si tratti di una "indipendenza" spesso solo di facciata, anche se con ogni probabilità la proposta di Trump peggiorerebbe le cose.

Detto che la sua storia personale include diversi debiti non pagati e una inevitabile tendenza, comune a tutti quelli che operano nell'immobiliare (settore a forte leva, come tra l'altro lo Stato), a ritenere qualsiasi livello di tassi di interesse sempre e comunque alto, ritengo la critica (mainstream) di Levin non condivisibile.

La politica monetaria non è né medicina, né ingegneria. E per lo meno un individuo, per quanto riguarda se stesso o le opere su ciò che è di sua proprietà, può scegliere se e a quale medico o ingegnere rivolgersi. 

Definire poi "golden era" gli ultimi 30 anni di politica monetaria, quando ci sono state bolle a ripetizione e relativi scoppi, nonché una progressiva dipendenza da liquidità indotta nel sistema proprio dalla Fed, mi pare allucinante.

La migliore risposta ai deliri trumpiani non consiste nel rivendicare l'indipendenza della Fed, ma nel proporre un serio ridimensionamento del suo ruolo, fino alla sua abolizione, quanto meno per ciò che riguarda le funzioni di politica monetaria.

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