Scorie - Quale emancipazione?

Quando lessi il classico di Hans-Hermann Hoppe "Democrazia, il dio che ha fallito", non ne condivisi tutte le tesi, ma certamente, da libertario, non ho mai considerato divina la democrazia, e neppure il minore dei mali. L'alternativa ovviamente non sono dittature di vario orientamento ideologico. Ma la democrazia non è altro che una dittatura annacquata.

Il titolo del libro di Hoppe mi è sempre sembrato geniale. Per un credente, la divinità è infallibile per definizione, per cui un dio che fallisce rappresenta un ossimoro. In altri termini, un dio che fallisce non può essere realmente un dio.

E che la democrazia abbia ripetutamente fallito dovrebbe essere fuori discussione. Per di più, l'idea moderna di potere al popolo rappresentata dal suffragio universale è poi svuotata in modo più o meno sostanziale, con un governo di gruppi ristretti di persone che pretendono di sapere cosa sia bene per tutti quanti. Perché tutti si suppone siano capaci di intendere e di volere il giorno delle elezioni, ma non nei restanti.  

Per lo meno nell'antica Grecia la democrazia era praticata senza questo velo di ipocrisia.

Non va certo meglio con le varie forme di totalitarismo che si sono succedute nel corso della storia, perché in quel caso è massima la violazione del principio di non aggressione. Quelle dell'ultimo secolo sono state prevalentemente di stampo nazista-fascista o comunista.

Fatto sta che la Seconda Guerra mondiale fu iniziata e persa da dittatori nazi-fascisti e tra i vincitori di quella guerra ci fu pure la comunistissima Unione sovietica, che poi comandò su tutta l'Europa orientale fino a poco più di tre decenni fa. Mentre a oriente la Cina divenne una dittatura comunista a metà del secolo scorso e ancora oggi non sono ammessi altri partiti.

La contabilità dei morti dovrebbe essere imbarazzante, eppure nel 2023 non solo ci sono ancora regimi comunisti che siedono ai tavoli multilaterali con la stessa dignità (e maggior potere) di tante democrazie, ma nell'Occidente democratico si continua a combattere un fascismo ormai impersonato solo da qualche ridicolo nostalgico, trattando invece con rispetto (quando non ossequio) chi continua a essere counista.

E quindi anche in occasione dell'ultimo 25 aprile, in cui il dibattito ha toccato punte di surrealismo particolarmente elevate dato che il partito di maggioranza relativa è di destra e i suoi esponenti (alcuni peraltro autentiche macchiette) sarebbero stati reticenti nel dirsi antifascisti, non sono mancati i soliti intellettuali "dde sinistra" in difesa del comunismo.

Come la filosofa Donatella Di Cesare, secondo la quale non va bene "questa retorica di mettere due totalitarismi sullo stesso piano, perché questo, soprattutto in Italia, è inaccettabile. Il comunismo è stato ed è un progetto politico di emancipazione".

Ora, qui non si tratta di fare il processo alle intenzioni, ma i fatti hanno tragicamente dimostrato che il comunismo non solo non è stato, ma neppure è, dove ancora esiste, un progetto di emancipazione. Né potrebbe esserlo.

Non so se è peggio non accettarlo o non averlo capito.
 

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