Scorie - Solite variazioni sul tema della mutualizzazione
Che le misure poste in essere dai governi europei per far fronte alla pandemia abbiano generato un incremento significativo dei debiti pubblici è noto. Che tali debiti siano in diversi casi sostenibili solo grazie alla monetizzazione indiretta da parte della BCE è altrettanto noto, ancorché gli acquisti a mani basse di titoli di Stato siano giustificati con il perseguimento dell'obiettivo della crescita dei prezzi al consumo in linea con quanto previsto dallo statuto della banca centrale (uno dei tanti casi in cui l'ipocrisia la fa da padrona).
Che la monetizzazione non possa andare avanti all'infinito in molti lo sanno, anche se poi si affrettano ad affermare che non sia ancora giunto il tempo della resa dei conti.
Un ritorno alle regole fiscali oggi sospese, con un obiettivo di convergenza dei debiti pubblici verso il 60% del Pil, appare in effetti non realistico. Le soluzioni proposte, soprattutto a sud delle Alpi, sembrano però sempre delle varianti del gioco delle tre carte.
Per esempio, Stefano Micossi ripesca (lo aveva fatto anche mesi fa) l'utilizzo del Mes per assorbire i debiti in eccesso. Secondo Micossi, servirebbero due passaggi:
"1 Occorre modificare il protocollo dei Trattati, innalzando il benchmark per il rapporto debito/Pil al 75-80 per cento. L'European fiscal board, ritenendo tale modifica politicamente impraticabile, suggerisce l'alternativa di estendere il periodo di rientro. Ma, per evitare effetti deflattivi, questo dovrebbe essere (almeno) raddoppiato, sollevando serie questioni di credibilità circa l'impegno alla riduzione del rapporto debito/Pil."
Effettivamente l'estensione del periodo di rientro, quando già prima della pandemia il ritmo era più lento di quanto previsto dal fiscal compact, sarebbe poco credibile (come tante altre questioni di finanza pubblica, peraltro).
"2 Occorre avviare un processo di graduale spostamento dei debiti sovrani detenuti dal sistema delle banche centrali europee – almeno il 20-25% del Pil dell'eurozona – verso il bilancio del Mes, il cosiddetto Fondo salva Stati, che oggi è privo di una missione (nessuno ci vuole ricorrere per assistenza finanziaria, perché farlo equivale a dichiarare di essere vicini alla bancarotta). Il Mes acquisterebbe i titoli sovrani, emettendo proprie passività che, a certe condizioni, diventerebbero il "titolo sicuro" dell'area euro (e dell'Unione europea), ponendo le basi per un ampio e liquido mercato di titoli pubblici europei. Il titolo sarebbe sicuro perché garantito (asset-backed) dai debiti sovrani dell'eurozona, dal capitale dell'Esm e al fondo dagli Stati membri (pro quota). Il Mes gestirebbe i debiti sovrani senza chiederne il rimborso, ma rinnovandoli con lunghissime scadenze. Tali debiti, detenuti fuori dal mercato a tempo indefinito da una istituzione pubblica, potrebbero essere esclusi dal computo del rapporto debito/Pil ai fini del Patto di stabilità e crescita. Nella media dell'eurozona, il benchmark dell'80% sarebbe rispettato; programmi speciali di rientro con lunghe scadenze dovrebbero essere disegnati per i Paesi che eccedono il benchmark in misura significativa."
In sostanza, il Mes avrebbe all'attivo i titoli di Stato usciti dal bilancio delle banche centrali, e al passivo titoli che con ogni probabilità finirebbero nuovamente alla banca centrale, o come acquisti o come collaterale per operazioni di rifinanziamento alle banche.
In assenza di entrate proprie, la solvibilità del Mes dipenderebbe da quella del portafoglio di titoli all'attivo, oltre che dal proprio patrimonio. E' evidente che un deterioramento dell'attivo porterebbe a un peggioramento della solvibilità del Mes, sempre che non intervengano ricapitalizzazioni. Che ovviamente ricadrebbero sugli Stati con le finanze pubbliche meno scassate.
Micossi specifica che dovrebbe applicarsi agli Stati debitori "solo una condizionalità leggera che richiede il soddisfacimento di criteri generali di ammissibilità sufficienti a garantire la stabilità finanziaria della zona euro. Affinché uno schema del genere possa essere accettato, occorre prevedere una riforma del Patto di stabilità e crescita che stabilisca un regime credibile di disciplina di bilancio – probabilmente con elementi maggiori di unione fiscale per assicurare il rispetto dei piani di rientro."
A mio parere, il binomio "condizionalità leggera e regime credibile di disciplina di bilancio" è un ossimoro. Tutto lo schema mi sembra teso a far entrare dalla finestra quella mutualizzazione dei debiti che a nord delle Alpi non vogliono far entrare dalla porta.
Dubito che la finestra sarà aperta.
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