Scorie - Non è mai abbastanza

In uno dei tanti articoli che pressoché quotidianamente commentano l'azione delle banche centrali, Ignazio Angeloni tocca, tra gli altri, un tema centrale: l'interazione tra politica monetaria e politica fiscale.

"Oggi i mercati finanziari sono neutralizzati dalla presenza massiccia della banca centrale, ma in prospettiva nuove tensioni nell'eurozona sono tutt'altro che escluse. Il rischio è anzi accresciuto dai più alti debiti pubblici e dai problemi bancari di cui si è detto. Esperienza insegna che solo la decisa azione della banca centrale con il sostegno dei governi è in grado di contrastare quelle tensioni. La questione è politica, ma investe la strategia della banca centrale, perché nell'architettura istituzionale dell'euro, che assegna ampio spazio alle politiche nazionali in materia di bilanci pubblici e altro, l'intonazione della politica monetaria dipende anche dalle politiche nazionali. Nel 2012 l'annuncio di interventi illimitati della banca centrale (le Outright Monetary Transactions varate da Draghi attivabili sotto strette condizioni, mai verificatesi) ebbe successo, ma fu una soluzione di emergenza, adottata in condizioni particolari e difficilmente ripetibile. Il meccanismo che allora scongiurò la crisi va reso possibile in contesti diversi, rendendone le condizioni di accesso più flessibili senza eliminarne la condizionalità. Ciò presuppone la presenza di regole di bilancio credibili, ma anche che la banca centrale faccia un passo avanti, riconoscendo che i suoi strumenti non sono sempre sufficienti ai suoi fini e che coordinarsi con i governi non contraddice la sua indipendenza se essa lo fa volontariamente e in coerenza con i propri obiettivi. La riforma della strategia annunciata dalla Bce offre l'occasione per superare vecchi preconcetti e segnalare l'apertura a nuove forme di cooperazione monetario-fiscale, senza cui non è infondato temere che una nuova crisi dell'euro sia solo questione di tempo."

A mio parere, proprio l'evoluzione dei fatti dell'ultimo decennio sintetizzata da Angeloni dimostra che l'interventismo procede per stratificazioni successive, rendendo necessario ogni volta rincarare la dose. Una dinamica già prevista e descritta da Ludwig von Mises oltre mezzo secolo fa. Mises indicava i motivi per cui l'economia mista fosse destinata a convergere verso il socialismo, allontanandosi progressivamente dall'economia di mercato, per via della determinazione dei governanti a intervenire per correggere le conseguenze non intenzionali degli interventi precedenti.

Le Outright Monetary Transactions (OMT), che seguirono il celeberrimo "whatever it takes" pronunciato dall'allora presidente della BCE Mario Draghi giusto quasi 9 anni fa, prevedevano un sostegno illimitato da parte della BCE mediante acquisto di titoli a breve termine dei Paesi che avessero perso accesso ai mercati e che si sottoponessero a un programma di aggiustamento di finanza pubblica coordinato dal Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).

Il solo annuncio delle OMT fece gradualmente rientrare le tensioni sui rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi periferici dell'area euro, Italia in primis. Ciò fu considerato indice di successo.

Sta di fatto che Draghi aggiunse, "and believe me, it will be enough". A breve fu certamente sufficiente. Oltre il breve non lo ritenevo sufficiente, come ebbi modo di osservare all'epoca, basandomi su quanto già visto negli anni precedenti e su quanto scritto da Mises.

La storia recente ha dimostrato che, in effetti, non fu sufficiente. Perché poi arrivò il quantitative easing, che serviva sempre a calmierare il costo del debito dei Paesi periferici, ancorché la motivazione ufficiale fosse il contrasto alla deflazione. Poi il PEPP, che ha rincarato la dose, essendo giustificato con l'insorgere della pandemia.

Nel frattempo sono anche state sospese le regole di bilancio e tra non molto si discuterà su come reintrodurle, con i prevedibili schieramenti contrapposti tra Paesi del nord e sud Europa.

Quando Angeloni scrive che il meccanismo delle OMT "va reso possibile in contesti diversi, rendendone le condizioni di accesso più flessibili senza eliminarne la condizionalità", aggiungendo che ciò "presuppone la presenza di regole di bilancio credibili", a mio avviso chiede la botte piena e la moglie ubriaca.

La flessibilità finora ha portato a debiti pubblici in aumento e al continuo rinvio dell'aggiustamento, con situazioni da suk tra Paesi membri con deficit in eccesso e Commissione europea a ogni sessione di bilancio. Emblematico il caso dell'Italia, che, con governi di ogni colore politico, in primavera presenta progetti di rientro, salvo poi aggiornarli in autunno spostando avanti gli obiettivi. Sistematicamente.

Altra cosa non credibile è che la BCE continui a monetizzare di fatto una fetta crescente di debiti pubblici in nome di un coordinamento con i governi pur facendolo "volontariamente". Si fa fatica a non dare ragione a chi parla di dominanza politica della banca centrale. Questo, in ultima analisi sarebbe l'approdo delle "nuove forme di cooperazione monetario-fiscale".

Secondo Angeloni, senza questa cooperazione "non è infondato temere che una nuova crisi dell'euro sia solo questione di tempo". A mio parere, questa cooperazione rimanderebbe solo per l'ennesima volta il problema.

Finora non è mai stato abbastanza. Ogni volta non sarà mai abbastanza. Prima o poi, a forza di calciare il barattolo, si finirà contro il muro.


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