Scorie - La missionaria

Da alcuni anni Mariana Mazzucato riscuote un certo successo, non solo in Italia, puntando sul potenziamento dello Stato come motore del cambiamento e, soprattutto, dell'innovazione.

Ho letto alcuni stralci della sua ultima fatica letteraria, dal titolo "Missione economia", nel quale Mazzucato continua a propugnare un maggiore ruolo per lo Stato nell'economia, la quale, per l'appunto, deve essere una missione.

Non dubito che lei sia in buona fede; il problema è che l'attivismo statale non gode di un ottimo track record di risultati ottenuti in termini di sviluppo economico, non solo in Italia. Peggio ancora, le idee di Mazzucato, se poste in pratica da persone più invasate del governante medio, possono portare a un autentico inferno terrestre.

Scrive Mazzucato:

"La ragione dell'enfasi posta su questa nuova idea del ruolo dello Stato è semplice: solo il governo ha la capacità di guidare la trasformazione con la forza necessaria."

A me una frase del genere fa venire i brividi, perché purtroppo è vero che lo Stato, in quanto monopolista legale dell'uso della forza, può imporre il volere dei governanti pro tempore su tutti i governati.

Data la premessa, Mazzucato aggiunge:

"Possiamo iniziare prendendo atto che i mercati capitalistici sono il risultato di come ogni attore del sistema è organizzato e governato, e di come i diversi attori si relazionano tra loro."

Nella sua forma pura, il mercato è un ordine spontaneo, nel quale le azioni di una moltitudine si soggetti spinti da ciò che ritengono essere per loro utile portano alla definizione di scambi volontari e alla formazione di prezzi per beni e servizi.

Evidentemente tutto questo non è soddisfacente per Mazzucato, dato che porta e risultati che lei ritiene non condivisibili. Che fare, dunque?

"Le missioni devono porsi l'obiettivo di creare mercati, non solo di correggerli. Occorre immaginare nuove aree di esplorazione ed essere disposti a correre dei rischi, e non solo a ridurli in ottica di derisking. E se questo significa commettere degli errori, così sia."

Tutto questo nei sistemi di libero mercato è svolto da individui e imprese che assumono rischi con risorse proprie o affidate loro da terzi mediante accordi volontari. In sostanza, chi assume rischi ha (o dovrebbe avere) "Skin in the game", per dirla con Nassim Taleb.

Quando queste cose le fa lo Stato, le conseguenze delle azioni intraprese ricadono sui pagatori di tasse, loro malgrado, soprattutto quando si tratta di conseguenze negative.

Per di più, i limiti alle perdite in cui possono incorrere i privati sono generalmente più contenuti, quindi perseverare nell'errare è un processo necessariamente più breve. 

Al contrario, secondo Mazzucato, le "missioni ambiziose hanno anche il coraggio di attuare le condizioni per ottenere determinati risultati. Se lo Stato è davvero un creatore di valore mosso da finalità pubbliche, le sue politiche devono riflettere e consolidare questo aspetto."

Quindi, una "economia sana che tuteli gli interessi dell'intera società deve di volta in volta saper aggiustare il tiro e premiare i comportamenti che ci aiutano a realizzare gli obiettivi concordati e auspicabili."

Obiettivi concordati da chi? Non mi pare che viga il principio dell'unanimità, per cui almeno una parte di individui si troverà sempre a subire gli interventi dello Stato per il perseguimento di obiettivi che non condivide. Per definizione queste persone non possono beneficiare di alcuna creazione di valore da parte dello Stato. Vale semmai il contrario.

Nessuna economia può essere sana se il principio che prevale è quello dell'imposizione di taluni interessi mediante l'uso dei mezzi politici, per dirla con Franz Oppenheimer.

In ultima analisi, le missioni di Mazzucato sono incubi per chi ama la libertà.

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