Scorie - Economisti o stregoni?
La maggior parte degli economisti ritiene che il proprio compito sia quello di stabilire cosa sia bene per tutti quanti in base a risultati di modelli econometrici o esperimenti su un campione (magari ristretto) di persone, suggerendo ai detentori del potere legislativo cosa dovrebbe essere imposto per legge.
Costoro ovviamente ignorano la prasseologia, e generalmente hanno una avversione per il mercato che porta loro a concludere che, quando l'esito di scambi volontari non li soddisfa, ciò rappresenti un fallimento del mercato. Il che giustificherebbe, a maggior ragione, l'imposizione di obblighi, divieti, limiti minimi o massimi di prezzo, eccetera.
Secondo Noah Smith, per esempio, "gli Stati devono impedire ai datori di lavoro di chiedere informazioni sui salari percepiti in precedenza, una pratica che tende a danneggiare i lavoratori neri."
A suo dire, alcuni studi (di quelli del genere sopra richiamato) dimostrerebbero che, in assenza di informazioni sulle precedenti retribuzioni, i datori di lavoro penalizzerebbero meno i lavoratori di colore, che hanno storicamente un gap nei confronti dei bianchi. Conoscendo quelli informazioni, al contrario, i datori di lavoro tenderebbero ad assumere le persone che hanno stipendi più elevati, che negli Stati Uniti sono principalmente bianchi.
Smith sostiene che il razzismo non sia il problema, quanto meno non odierno. Si tratterebbe di una sorta di razzismo strutturale, frutto delle tendenze consolidatesi in passato.
Ora, posto che in un sistema di libero mercato ogni contratto dovrebbe essere volontario, se un datore di lavoro assumesse persone che costano di più a parità di competenze e produttività dei candidati a una determinata posizione lavorativa (o addirittura pagasse di più persone che hanno minori competenze e produttività), il suo conto economico ne risentirebbe. Ciò dovrebbe indurlo a cambiare modalità di selezione, oppure a uscire dal business.
D'altra parte, in un sistema di libero mercato ognuno è libero di rifiutarsi di lavorare al di sotto di una determinata retribuzione. Quando una retribuzione è accettata, significa che chi lo fa, per quanto non consideri la situazione ottimale, ritiene che sia preferibile a non avere affatto una retribuzione (e un lavoro).
Imporre divieti come quello proposto da Smith (io, tra l'altro, credo che bisognerebbe diffidare delle conclusioni tratte da taluni economisti che conducono esperimenti inevitabilmente parziali) può forse essere ritenuto un modo per rendere virtuoso il comportamento dei soggetti a cui tali divieti sono imposti, ma non fa altro che limitare la libertà, oltre a generare, inevitabilmente, conseguenze inintenzionali.
Lo capiranno mai questi stregoni che si atteggiano a ingegneri sociali?
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