Scorie - Siamo ridotti alle scazzottate tra keynesiani

In questo anno di pandemia si è assistito a un dilagare di keynesismo a ogni latitudine, a suon di spese in deficit come se non esistesse alcun limite e nessuno dovesse prima o poi pagare il conto, forse perché convinti di poter monetizzare altrettanto senza limiti.

Se già la tendenza a considerare solo gli effetti di breve termine e su particolari gruppi di interessi è diffusa in tempi ordinari, figuriamoci in tempi di crisi. La lezione di Bastiat e Hazlitt mai come in questi periodi è considerata un'eresia (e spesso del tutto ignorata). 

Eppure resta valida, per quanto ciò possa risultare sgradevole a chi crede che a suon di deficit e monetizzazione si possano risolvere i problemi economici.

Da ultimo si assiste anche a un dibattito tutto interno al mondo keynesiano, dove ad alcuni, come Larry Summers, pare che la nuova amministrazione americana stia esagerando con gli stimoli fiscali che intende introdurre nei prossimi mesi. 

Secondo Summers, gli stimoli sarebbero quattro volte superiori al necessario, sicché porrebbe "rischi inflazionistici del tipo che non abbiamo visto in una generazione, con conseguenze sul valore del dollaro e sulla stabilità finanziaria."

Per inciso, se si adottasse la definizione classica di inflazione o, quanto meno, non si limitasse l'osservazione ai soli prezzi al consumo, ci si renderebbe conto che l'inflazione è da tempo tutt'altro che assente.

Summers, però, si riferisce all'andamento dei prezzi al consumo secondo la definizione mainstream. Le sue preoccupazioni sono condivise dall'ex capo economista del FMI, Olivier Blanchard, anche lui keynesiano, che ritiene che l'economia statunitense non corra un rischio di surriscaldamento, bensì di "incendio".

Dal Tesoro risponde Janet Yellen, già presidente della Federal Reserve:

"Ho passato molti anni a studiare l'inflazione e a preoccuparmi dell'inflazione. Posso dire che abbiamo tutti gli strumenti per affrontarla."

A dire il vero la signora Yellen ha passato molti anni a crearne di inflazione, se si adotta la definizione classica. Ma tant'è.

Infine non poteva mancare il punto di vista di Paul Krugman, che dà man forte al Tesoro, ritenendo che non vi sia alcun rischio concreto, con una discettazione sull'appiattimento strutturale della curva di Phillips, concetto che non ha mai avuto senso economico, ma che nel mondo keynesiano ha sollevato perplessità solo di recente.

Ma Krugman, si sa, arrivò a pensare a un piano di spesa per la difesa da un immaginario attacco alieno per spingere la domanda aggregata. 

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