Scorie - Chi vive sperando...
Uno dei motivi per cui Matteo Renzi ha aperto la crisi di che ha portato, dopo un mese di introvabili truppe di "responsabili" o "costruttori", alla formazione del governo Draghi, era l'intenzione da parte del governo Conte 2, di non usare tutti i 127 miliardi di prestiti nell'ambito del Next Generation Eu per finanziare "nuovi" progetti.
In questo, peraltro, il nuovo esecutivo pare non avere una linea diversa (per fortuna). Con grande rammarico per coloro che credono che basti dire "investimenti pubblici" per assicurare che ogni euro di maggior debito si trasformi in 2-3 euro di Pil aggiuntivo.
Tra costoro vi è da sempre Gustavo Piga, che nota:
"Dei 196 miliardi di euro previsti dal Recovery, 127 arriveranno come prestiti. Di questi, 74 (quasi il 40% del totale) andranno a finanziare progetti già esistenti, sostituendo prestiti "italiani" con prestiti "europei", portando dunque solo un piccolo risparmio di interessi – essendo le somme Ue a tassi leggermente inferiori – ma senza un impatto addizionale su crescita e occupazione. I rimanenti 53 miliardi a prestito, da utilizzare su progetti "nuovi", e quindi effettivamente capaci di generare crescita aggiuntiva, si propone di spenderli nel secondo triennio, dal 2024 al 2026, troppo tardi."
Piga si lamenta poi del fatto che Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza del governo Conte 2 contenga l'impegno (tutto poi da verificare) di far scendere il deficit al 3% del Pil entro il 2023.
"Effettivamente la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza contiene l'impegno del precedente governo di ridurre nel quadriennio 2020-2023 il rapporto deficit-Pil dal 10,8% al… 3% (un numero non casuale, caro all'Europa dell'austerità), ovvero di quasi 8 punti di Pil, più di 120 miliardi di maggiori entrate e minori spese. Come immaginare che in tale contesto di richieste dall'Europa si potessero prendere a prestito per usarli per maggiore spesa gli stessi fondi… europei? A tale domanda ne andrebbe contrapposta un'altra: come immaginare che, in tale contesto di richieste dall'Europa, si possa pensare di riprendere un percorso di crescita e contestuale riduzione del rapporto debito-Pil?"
Secondo Piga, Draghi dovrebbe cercare di allungare il brodo, ossia contrattare un allungamento dei tempi per fare scendere il deficit.
Poi arriva il classico richiamo a uno studio che sostiene la tesi della moltiplicazione dei pani e dei pesci (fonte economisti della Banca d'Italia).
"In un Quaderno di economia e finanza di fine 2019, Busetti e 5 co-autori ebbero modo di sottolineare come con l'aumento della spesa pubblica per investimenti realizzato in deficit si genera una riduzione del rapporto debito pubblico-Pil tramite l'aumento dell'attività economica che ne consegue. Vi è però una condizione: che non vi siano "dispersioni improduttive", ovvero che si garantisca la qualità della spesa legata agli investimenti."
Non è una condizione da poco, ma quella che io ritengo la differenza fondamentale nel passaggio da Excel alla realtà.
Cosa fare dunque? Per Piga è chiaro: serve migliorare la qualità del capitale umano, formula molto in voga per far sì che la pubblica amministrazione non generi "dispersioni improduttive".
E qual è il modo migliore per ottenere tutto ciò? Mettere in preventivo di spendere molti miliardi a questo scopo.
"Solo se almeno un 5% delle risorse, 10 miliardi di euro, sinora dedicate inspiegabilmente a incentivi, verrà re-indirizzato su investimenti in capitale umano si potrà sperare che gli investimenti pubblici a valere sulle somme europee (a prestito e a fondo perduto) vengano realizzati e non vengano sprecati, garantendo crescita, occupazione e riduzione del debito pubblico-Pil."
In definitiva, 10 miliardi per una speranza. Come dice la saggezza popolare, chi vive sperando muore…
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