Scorie - Prima vengono i nomi
In questi giorni di consultazioni per cercare di porre fine alla crisi di governo aperta da Matteo Renzi, da più parti, in primis da Renzi stesso, si nega che si tratti di una questione di poltrone, affermando che "prima vengono i contenuti, poi i nomi."
Non occorre particolare malizia per rendersi conto che tutto questo è davvero poco credibile, se si considera che nel corso della primavera dovranno essere rinnovate circa 300 cariche in enti pubblici o società a partecipazione pubblica.
Ovviamente non si può neanche fare finta che non ci sia un malloppo di oltre 200 miliardi da spendere che fanno gola a chiunque di mestiere chieda il voto a chi si reca alle urne.
Per chi non si illude che la questione riguardi i contenuti e nutre seri dubbi che, cambiando i nomi, cambierebbe significativamente in meglio la sostanza, lo spettacolo è penoso.
Purtroppo, l'unico dato certo è che il conto non sarà a carico dei contendenti di questi giorni, bensì dei pagatori di tasse. E il fatto che, tra costoro, vi sia ancora una cospicua parte che crede che la sua situazione possa migliorare in base a chi governa, non mi porta a essere ottimista sul futuro.
Solitamente chi giunge a una conclusione come questa è tacciato di qualunquismo o superficialità. Al contrario, l'analisi attenta di quello che si è verificato in Italia nel corso degli ultimi decenni non supporta una visione ottimista sulla capacità di chi governa di migliorare significativamente le cose.
Il fatto è che l'Italia avrebbe bisogno di meno Stato, mentre nessuno di coloro che si candidano a governare parte da questo presupposto. Né la maggior parte di chi vota sarebbe disposto ad avere meno Stato, perché si illude, come sostenne a metà dell'Ottocento Bastiat, di poter vivere alle spalle degli altri, in un gioco a somma zero in cui c'è una altrettanto illusoria torta da spartirsi. Torta che costoro non si rendono conto che da qualcuno deve essere prodotta e che, nel contesto di statalismo incancrenito, finisce per essere sempre più piccola.
Purtroppo coloro che vorrebbero che al primo posto venisse i principio di non aggressione sono una sparuta minoranza. Una minoranza che, suo malgrado, assiste all'ennesima contesa sui nomi spacciate per dispute sui contenuti.
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