Scorie - Solito mantra del "ci vuole una legge"
"E' stato calendarizzato per la prossima settimana nella commissione
Giustizia di Montecitorio l'esame del provvedimento sull'introduzione del
reato di tortura. Speriamo che l'esame vada avanti e che si concluda al più
presto perché quel testo serve alla democrazia."
(L. Boldrini)
Una delle costanti della mentalità statalista che ammorba l'Italia consiste
nella richiesta di una nuova legge per ogni fatto di cronaca che tocchi più
o meno intensamente la sensibilità dell'opinione pubblica. "Ci vuole una
legge che…" è la reazione tipica, ahimè non solo da parte dei legislatori,
bensì anche di molti cittadini, che evidentemente non si rendono conto che
tutto manca in questo Paese tranne una quantità infinita di leggi.
Basterebbe a costoro un minimo di riflessione per realizzare che la
crescita esponenziale delle leggi non ha risolto nessun problema e che un
numero molto limitato di norme sarebbe più che sufficiente a regolare i
rapporti tra i cittadini.
Questa volta Laura Boldrini (una che probabilmente vorrebbe una legge anche
per imporre alla gente di non chiamarla "presidentessa" o "il presidente")
ha dato l'annuncio della calendarizzazione dell'esame del provvedimento
sull'introduzione del reato di tortura, e lo ha fatto dopo aver incontrato
la madre di Federico Aldrovandi, il ragazzo morto dopo essere stato
malmenato da agenti di polizia durante un controllo il 25 settembre 2005.
L'incontro, a sua volta, segue la diffusa indignazione per gli applausi
dedicati agli agenti condannati per la morte di Aldrovandi (e oggi
reintegrati nella polizia) da altri poliziotti durante un congresso
sindacale.
Ora, indubbiamente è legittima l'indignazione, ma che questo episodio debba
scatenare le pulsioni legislative della signora Boldrini (e colleghi) per
introdurre il reato di tortura a me pare fuori luogo.
Uno può anche ritenere che la pena inflitta alle persone ritenute
responsabili della morte del ragazzo sia stata troppo mite e inadeguata (3
anni e 6 mesi di reclusione, di cui 3 coperti da indulto). Ma se è stata
mite e inadeguata non credo che ciò sia dovuto a una carenza del codice
penale, ma alle valutazioni effettuate dai magistrati che hanno condotto il
processo (la pena massima per l'omicidio colposo è peraltro pari a 5 anni.
Per una pena superiore sarebbe necessario dimostrare la volontarietà o la
preterintenzionalità).
Ma non c'è nulla da fare: non c'è episodio, soprattutto se suscita
indignazione, che non sia sfruttato per invocare e proporre nuove leggi,
ovviamente perché "serve alla democrazia". Ma quale democrazia…
Giustizia di Montecitorio l'esame del provvedimento sull'introduzione del
reato di tortura. Speriamo che l'esame vada avanti e che si concluda al più
presto perché quel testo serve alla democrazia."
(L. Boldrini)
Una delle costanti della mentalità statalista che ammorba l'Italia consiste
nella richiesta di una nuova legge per ogni fatto di cronaca che tocchi più
o meno intensamente la sensibilità dell'opinione pubblica. "Ci vuole una
legge che…" è la reazione tipica, ahimè non solo da parte dei legislatori,
bensì anche di molti cittadini, che evidentemente non si rendono conto che
tutto manca in questo Paese tranne una quantità infinita di leggi.
Basterebbe a costoro un minimo di riflessione per realizzare che la
crescita esponenziale delle leggi non ha risolto nessun problema e che un
numero molto limitato di norme sarebbe più che sufficiente a regolare i
rapporti tra i cittadini.
Questa volta Laura Boldrini (una che probabilmente vorrebbe una legge anche
per imporre alla gente di non chiamarla "presidentessa" o "il presidente")
ha dato l'annuncio della calendarizzazione dell'esame del provvedimento
sull'introduzione del reato di tortura, e lo ha fatto dopo aver incontrato
la madre di Federico Aldrovandi, il ragazzo morto dopo essere stato
malmenato da agenti di polizia durante un controllo il 25 settembre 2005.
L'incontro, a sua volta, segue la diffusa indignazione per gli applausi
dedicati agli agenti condannati per la morte di Aldrovandi (e oggi
reintegrati nella polizia) da altri poliziotti durante un congresso
sindacale.
Ora, indubbiamente è legittima l'indignazione, ma che questo episodio debba
scatenare le pulsioni legislative della signora Boldrini (e colleghi) per
introdurre il reato di tortura a me pare fuori luogo.
Uno può anche ritenere che la pena inflitta alle persone ritenute
responsabili della morte del ragazzo sia stata troppo mite e inadeguata (3
anni e 6 mesi di reclusione, di cui 3 coperti da indulto). Ma se è stata
mite e inadeguata non credo che ciò sia dovuto a una carenza del codice
penale, ma alle valutazioni effettuate dai magistrati che hanno condotto il
processo (la pena massima per l'omicidio colposo è peraltro pari a 5 anni.
Per una pena superiore sarebbe necessario dimostrare la volontarietà o la
preterintenzionalità).
Ma non c'è nulla da fare: non c'è episodio, soprattutto se suscita
indignazione, che non sia sfruttato per invocare e proporre nuove leggi,
ovviamente perché "serve alla democrazia". Ma quale democrazia…
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