Scorie - La moneta "giusta"
"L'Euro ha aggravato una situazione già difficile in Italia, con una moneta
più giusta vendiamo di più, con una moneta più giusta gli italiani tornano
ad invadere il mondo con i propri prodotti. Una moneta unica che
rappresenta 20 paesi e senza una banca dietro impone dei prezzi sbagliati
ai nostri immobili ai nostri pesci, alla nostra agricoltura. Penalizza sia
le importazioni che le esportazioni. Una moneta più giusta renderà più
conveniente comprare italiano e se io compro italiano do lavoro in Italia.
Una moneta giusta ci farà tornare a competere."
(M. Salvini)
Matteo Salvini da diversi mesi a questa parte ha fatto dell'uscita
dall'euro il cavallo di battaglia della Lega Nord. Purtroppo il dibattito
in Italia è condotto quasi esclusivamente da persone situate su posizioni
estreme e male/non argomentate.
Da una parte gli euroentusiasti, che ritengono risolvibili tutti i problemi
con "più Europa", per poi, alternativamente, non aggiungere altro, oppure
invocare un rafforzamento del super Stato europeo nel quale i creditori
dovrebbero più o meno felicemente "rimettere i debiti", oltre a favorire
politiche "per-la-crescita-e-l'occupazione", ovverosia mantra tipicamente
socialisti.
Nessuno degli euroentusiasti pare tenere in considerazione che i creditori
ben difficilmente sarebbero felici di "rimettere i debiti" e, se proprio si
decidessero a farlo (almeno in parte), vorrebbero delle contropartite in
termini di (ancora) maggiore potere decisionale.
Al tempo stesso, controbattono agli euroscettici che invocano il ritorno
alla lira disegnando scenari da fine del mondo, senza spesso fornire
dettagli; e non mi riferisco a quelli quantitativi (chi lo fa è
sostanzialmente un cialtrone, non essendo quantificabile ciò che non è
ancora accaduto), bensì a tutte le questioni relative alle controversie
contrattuali e agli effetti redistributivi del cambio di moneta.
Dall'altra parte ci sono gli euroscettici che ritengono risolvibili tutti i
problemi dell'Italia tornando alla lira. Anche in questo caso vengono date
per certe cose che non sono prevedibili neanche con approssimazione.
Salvini mi sembra un esempio perfetto dell'euroscettico che padroneggia
male la materia di cui si occupa.
A parte il fatto che finora all'Unione monetaria partecipano 18 Paesi
dell'Unione europea (ma indicarne 20, se vogliamo, può essere considerato
un peccato veniale o una licenza poetica), la banca dietro all'euro c'è (la
BCE), anche se magari non sempre si comporta come piacerebbe a coloro (e
sono tanti, non solo tra gli euroscettici) che ritengono risolvibili i
problemi economici aumentando la quantità di moneta.
Ciò detto, la moneta è un mezzo di scambio, per cui l'alterazione della
moneta di per sé non altera la quantità e la qualità dei beni e servizi in
un sistema economico. Semplicemente ne può alterare i prezzi relativi,
producendo un effetto redistributivo.
Quella che per Salvini sarebbe una "moneta giusta", ossia verosimilmente
più debole dell'euro, darebbe vantaggi a qualcuno e svantaggi ad altri.
Un'affermazione che mi pare testimoni la confusione sull'argomento è quella
secondo la quale l'euro "penalizza sia le importazioni che le
esportazioni". Per lo meno altri euroscettici si limitano a invocare un
euro più debole (o un ritorno alla lira) per favorire le esportazioni senza
che siano i prezzi dei fattori produttivi interni ad adeguarsi (al ribasso)
per rendere competitivi i beni italiani.
L'idea stessa del "comprare beni domestici", che per la verità è piuttosto
diffusa in giro per il mondo (ne è stato paladino, per esempio, l'idolo dei
cosiddetti progressisti, Obama), è la negazione dell'apertura dei sistemi
economici e del principio della divisione del lavoro, con buona pace di
quasi tre secoli di scienza economica.
Senza dilungarmi eccessivamente sull'argomento, credo che, al netto di
alcune prese di posizione prive di argomentazioni, chi vorrebbe un euro
debole o un ritorno alla lira ritiene che sia più semplice (e probabilmente
anche socialmente accettabile) lasciare che siano aggiustamenti nei cambi a
modificare i prezzi relativi in modo tale da rendere competitivi i beni e i
servizi prodotti da un sistema economico.
Una posizione comprensibile e considerata da molti "pragmatica", ma che, a
mio parere, è inconciliabile con un mercato autenticamente libero, perché
aggirare le rigidità dovute a distorsioni nella libera formazione dei
prezzi (quasi sempre causate da provvedimenti legislativi o regolamentari)
facendo oscillare il cambio non è dissimile dall'abbassare i prezzi reali
mediante inflazione.
In effetti la gran parte dei nostalgici della lira sostiene che servirebbe
(un po' di) inflazione per rendere più leggero il debito, e sapere che
vorrebbero una banca centrale "prestatore di ultima istanza degli Stati"
credo rappresenti la chiusura del cerchio.
Resta il fatto che la manipolazione della moneta non fa altro che
redistribuire la ricchezza, e spesso tale redistribuzione penalizza proprio
le persone che i fautori dell'espansione monetaria vorrebbero tutelare.
Sentendo parlare Salvini viene il dubbio che non tutti se ne rendano conto.
più giusta vendiamo di più, con una moneta più giusta gli italiani tornano
ad invadere il mondo con i propri prodotti. Una moneta unica che
rappresenta 20 paesi e senza una banca dietro impone dei prezzi sbagliati
ai nostri immobili ai nostri pesci, alla nostra agricoltura. Penalizza sia
le importazioni che le esportazioni. Una moneta più giusta renderà più
conveniente comprare italiano e se io compro italiano do lavoro in Italia.
Una moneta giusta ci farà tornare a competere."
(M. Salvini)
Matteo Salvini da diversi mesi a questa parte ha fatto dell'uscita
dall'euro il cavallo di battaglia della Lega Nord. Purtroppo il dibattito
in Italia è condotto quasi esclusivamente da persone situate su posizioni
estreme e male/non argomentate.
Da una parte gli euroentusiasti, che ritengono risolvibili tutti i problemi
con "più Europa", per poi, alternativamente, non aggiungere altro, oppure
invocare un rafforzamento del super Stato europeo nel quale i creditori
dovrebbero più o meno felicemente "rimettere i debiti", oltre a favorire
politiche "per-la-crescita-e-l'occupazione", ovverosia mantra tipicamente
socialisti.
Nessuno degli euroentusiasti pare tenere in considerazione che i creditori
ben difficilmente sarebbero felici di "rimettere i debiti" e, se proprio si
decidessero a farlo (almeno in parte), vorrebbero delle contropartite in
termini di (ancora) maggiore potere decisionale.
Al tempo stesso, controbattono agli euroscettici che invocano il ritorno
alla lira disegnando scenari da fine del mondo, senza spesso fornire
dettagli; e non mi riferisco a quelli quantitativi (chi lo fa è
sostanzialmente un cialtrone, non essendo quantificabile ciò che non è
ancora accaduto), bensì a tutte le questioni relative alle controversie
contrattuali e agli effetti redistributivi del cambio di moneta.
Dall'altra parte ci sono gli euroscettici che ritengono risolvibili tutti i
problemi dell'Italia tornando alla lira. Anche in questo caso vengono date
per certe cose che non sono prevedibili neanche con approssimazione.
Salvini mi sembra un esempio perfetto dell'euroscettico che padroneggia
male la materia di cui si occupa.
A parte il fatto che finora all'Unione monetaria partecipano 18 Paesi
dell'Unione europea (ma indicarne 20, se vogliamo, può essere considerato
un peccato veniale o una licenza poetica), la banca dietro all'euro c'è (la
BCE), anche se magari non sempre si comporta come piacerebbe a coloro (e
sono tanti, non solo tra gli euroscettici) che ritengono risolvibili i
problemi economici aumentando la quantità di moneta.
Ciò detto, la moneta è un mezzo di scambio, per cui l'alterazione della
moneta di per sé non altera la quantità e la qualità dei beni e servizi in
un sistema economico. Semplicemente ne può alterare i prezzi relativi,
producendo un effetto redistributivo.
Quella che per Salvini sarebbe una "moneta giusta", ossia verosimilmente
più debole dell'euro, darebbe vantaggi a qualcuno e svantaggi ad altri.
Un'affermazione che mi pare testimoni la confusione sull'argomento è quella
secondo la quale l'euro "penalizza sia le importazioni che le
esportazioni". Per lo meno altri euroscettici si limitano a invocare un
euro più debole (o un ritorno alla lira) per favorire le esportazioni senza
che siano i prezzi dei fattori produttivi interni ad adeguarsi (al ribasso)
per rendere competitivi i beni italiani.
L'idea stessa del "comprare beni domestici", che per la verità è piuttosto
diffusa in giro per il mondo (ne è stato paladino, per esempio, l'idolo dei
cosiddetti progressisti, Obama), è la negazione dell'apertura dei sistemi
economici e del principio della divisione del lavoro, con buona pace di
quasi tre secoli di scienza economica.
Senza dilungarmi eccessivamente sull'argomento, credo che, al netto di
alcune prese di posizione prive di argomentazioni, chi vorrebbe un euro
debole o un ritorno alla lira ritiene che sia più semplice (e probabilmente
anche socialmente accettabile) lasciare che siano aggiustamenti nei cambi a
modificare i prezzi relativi in modo tale da rendere competitivi i beni e i
servizi prodotti da un sistema economico.
Una posizione comprensibile e considerata da molti "pragmatica", ma che, a
mio parere, è inconciliabile con un mercato autenticamente libero, perché
aggirare le rigidità dovute a distorsioni nella libera formazione dei
prezzi (quasi sempre causate da provvedimenti legislativi o regolamentari)
facendo oscillare il cambio non è dissimile dall'abbassare i prezzi reali
mediante inflazione.
In effetti la gran parte dei nostalgici della lira sostiene che servirebbe
(un po' di) inflazione per rendere più leggero il debito, e sapere che
vorrebbero una banca centrale "prestatore di ultima istanza degli Stati"
credo rappresenti la chiusura del cerchio.
Resta il fatto che la manipolazione della moneta non fa altro che
redistribuire la ricchezza, e spesso tale redistribuzione penalizza proprio
le persone che i fautori dell'espansione monetaria vorrebbero tutelare.
Sentendo parlare Salvini viene il dubbio che non tutti se ne rendano conto.
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