Scorie - Riforme e costi
"Renzi non presenti le riforme con l'argomento del contenimento dei costi,
le istituzioni si riformano per migliorarne la funzionalità non per
risparmiare. Le riforme non sono fatte per risparmiare ma per migliorare le
istituzioni."
(V. Onida)
Ai giornalisti piace tanto intervistare i costituzionalisti, che sono
ritenuti depositari del sapere su cui si fonda la vita di uno Stato. A mio
parere serve indubbiamente una buona conoscenza del funzionamento delle
istituzioni e della legislazione, ma se si devono riformare delle
istituzioni le persone meno indicate a cui chiedere un parere sono proprio
quelle che hanno rappresentato tali istituzioni e vi hanno lavorato
all'interno (più o meno) a lungo, perché tendono inevitabilmente a
preferire la conservazione dell'esistente, o modifiche puramente di
facciata, a maggior ragione se avanti con l'età.
Valerio Onida è un esempio perfetto di quello che ho appena sostenuto.
Nessuno nega che le riforme vadano fatte per "migliorare le
istituzioni" (anche se, a mio parere, in alcuni casi l'unico autentico
miglioramento consisterebbe nell'abolizione). Non si può neppure negare,
però, che una parte del miglioramento consista in una riduzione dei costi.
Posto che il concetto di "miglioramento" si presta a valutazioni soggettive
– per cui con ogni probabilità le riforme comporterebbero un aumento dei
costi se, per esempio, si chiedesse a chi rappresenta quelle medesime
istituzioni di suggerire le riforme da effettuare – io credo,
contrariamente a Onida, che il risparmio di costi debba essere un elemento
imprescindibile nel processo di riforma.
Altrimenti non cambierebbe nulla rispetto ai decenni che hanno portato allo
sfascio del bilancio pubblico; decenni nei quali i costi erano considerati
un aspetto secondario e si utilizzavano le tasse e il debito per far
quadrare la cassa. Decenni nei quali sono state istituite una pluralità di
authorities che non hanno dato risultati apprezzabili (se non per chi ne
faceva parte), mentre hanno caricato sui cosiddetti contribuenti costi
significativi.
Credo che se il taglio dei costi sarà un problema, lo sarà per la sua
insufficienza rispetto alle esigenze di riduzione della spesa pubblica che
ha l'Italia. D'altra parte, come ho già accennato, non mi stupisce che se
si chiede il parere a un signore che ha passato l'intera vita professionale
in posti pubblici quello dei costi per lui sia un aspetto secondario. Ciò
che per i contribuenti sono costi, per alcuni non lo sono e talvolta sono
addirittura redditi.
le istituzioni si riformano per migliorarne la funzionalità non per
risparmiare. Le riforme non sono fatte per risparmiare ma per migliorare le
istituzioni."
(V. Onida)
Ai giornalisti piace tanto intervistare i costituzionalisti, che sono
ritenuti depositari del sapere su cui si fonda la vita di uno Stato. A mio
parere serve indubbiamente una buona conoscenza del funzionamento delle
istituzioni e della legislazione, ma se si devono riformare delle
istituzioni le persone meno indicate a cui chiedere un parere sono proprio
quelle che hanno rappresentato tali istituzioni e vi hanno lavorato
all'interno (più o meno) a lungo, perché tendono inevitabilmente a
preferire la conservazione dell'esistente, o modifiche puramente di
facciata, a maggior ragione se avanti con l'età.
Valerio Onida è un esempio perfetto di quello che ho appena sostenuto.
Nessuno nega che le riforme vadano fatte per "migliorare le
istituzioni" (anche se, a mio parere, in alcuni casi l'unico autentico
miglioramento consisterebbe nell'abolizione). Non si può neppure negare,
però, che una parte del miglioramento consista in una riduzione dei costi.
Posto che il concetto di "miglioramento" si presta a valutazioni soggettive
– per cui con ogni probabilità le riforme comporterebbero un aumento dei
costi se, per esempio, si chiedesse a chi rappresenta quelle medesime
istituzioni di suggerire le riforme da effettuare – io credo,
contrariamente a Onida, che il risparmio di costi debba essere un elemento
imprescindibile nel processo di riforma.
Altrimenti non cambierebbe nulla rispetto ai decenni che hanno portato allo
sfascio del bilancio pubblico; decenni nei quali i costi erano considerati
un aspetto secondario e si utilizzavano le tasse e il debito per far
quadrare la cassa. Decenni nei quali sono state istituite una pluralità di
authorities che non hanno dato risultati apprezzabili (se non per chi ne
faceva parte), mentre hanno caricato sui cosiddetti contribuenti costi
significativi.
Credo che se il taglio dei costi sarà un problema, lo sarà per la sua
insufficienza rispetto alle esigenze di riduzione della spesa pubblica che
ha l'Italia. D'altra parte, come ho già accennato, non mi stupisce che se
si chiede il parere a un signore che ha passato l'intera vita professionale
in posti pubblici quello dei costi per lui sia un aspetto secondario. Ciò
che per i contribuenti sono costi, per alcuni non lo sono e talvolta sono
addirittura redditi.
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