Scorie - Li voglio vedere i camion elettrici per le strade del Nepal
Nel dibattito sul cambiamento climatico, chi, anche nel mondo scientifico, si permette di mettere in discussione i dogmi dell'ecologismo radicale, viene messo alla gogna e trattato come un paria.
Non sono un esperto della materia, ma lo stato delle cose mi ricorda il tradizionale approccio alle opinioni dissenzienti delle dittature, dove chi non è allineato è considerato pazzo o, peggio, nemico del popolo, e questo può avere conseguenze non belle per la sua stessa incolumità fisica. Per lo meno quest'ultimo aspetto non è ancora parte integrante del dibattito sul clima. Ma voglio prescindere da questo dibattito, limitandomi a commentare la distanza lunare dalla realtà di certe posizioni.
Per esempio c'è chi nel (mio amato) Nepal vive con una certa apprensione l'aumento delle temperature e l'accentuarsi di eventi meteorologici estremi, soprattutto nella stagione monsonica.
Su Himalayan Times ho letto un articolo in cui Avishek Malla, evidentemente a favore di politiche green, si occupa dell'andamento delle vendite di auto elettriche in Nepal. Il governo sta favorendo l'adozione di vetture elettriche, mediante una riduzione telle tasse sulle importazioni, che avvengono per lo più da Cina e India.
Due giganti che da decenni si contendono l'influenza sul piccolo Nepal, con una prevalenza negli ultimi 20 anni della Cina. La quale, come noto, produce dispositivi elettrici con le ruote in grande quantità.
Malla ricorda che le emissioni dovute al settore dei trasporti "nonostante il boom di veicoli elettrici, stanno accelerando, e costituiscono il 38% delle emissioni totali di anidride carbonica."
Per questo occorre fare di più, anche perché "l'impegno del Nepal sul clima, richiesto dalle Nazioni Unite, richiede che il 90% dei veicoli privati, inclusi motocicli e il 60% dei veicoli pubblici sia elettrico a partire dal 2030".
Ora, si noti innanzitutto che il governo comunista (da quando il Nepal non è più una monarchia si alternano al governo varie sfumature di partiti comunisti, molto dipendenti dalla Cina) ha fissato obiettivi più impegnativi per i privati che per il settore pubblico.
Ciò detto, si tratta di obiettivi che sono poco realistici per i Paesi europei, figuriamoci per il Nepal, dove la gran parte di aototreni e bus è decrepito e non certo per amore del vintage da parte dei nepalesi, ma per evidenti problemi di budget.
Ma anche se quello economico non fosse un problema, il Nepal non ha neppure lontanamente le infrastrutture necessarie per una svolta del genere. Né è realistico che ce l'abbia tra 5 anni.
Per di più i mezzi più inquinanti sono, per l'appunto, camion e bus che attraversano il Paese su strade che comportano molte salite e discese. Già sarebbe irrealistico pensare a camion elettrici in pianura padana (vogliamo parlare della truffa americana del camion elettrico Nikola, finito poi in bancarotta?), figuriamoci in Nepal.
Al più può aumentare la quota di motocicli elettrici e auto nei principali centri urbani (soprattutto Kathmandu, Pokhara e poche altre città), ma la prospettiva più realistica è che non si avrà una elettrificazione massiva.
E allora se vi sarà un calo delle emissioni del settore trasporti, sarà perché molti nepalesi torneranno a usare mezzi non motorizzati. Non si sarà neppure scalfito il "problema", ma al tempo stesso il regresso sarà tangibile. Per la gioia degli ecologisti.
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