Scorie - Follie neostataliste

In Europa, e in Italia in modo particolare, il libero mercato non gode di ottima stampa. Non da oggi, peraltro. Eppure capita frequentemente di sentire perorazioni per una nuova stagione di politiche industriali (una formula per non parlare di interventismo statale) che dovrebbero subentrare ad anni e anni di liberismo.

Per esempio Flavio Valeri, oggi in Lazard dopo molti anni ai vertici di Deutsche Bank in Italia, invita il governo a sostenere e rafforzare i campioni nazionali. Anche in risposta a provvedimenti come lo statunitense Inflation Reduction Act (che, per inciso, non fa nulla per ridurre la vera inflazione), che per Valeri pure rappresenta una "distorsione di mercato".

Le nostre grandi imprese, specie quelle già partecipate dallo Stato, vanno "sostenute a livello politico". Cosa che, peraltro, ogni governo già fa, oltre a pretendere dividendi che vanno anche a detrimento degli investimenti delle partecipate stesse, ovviamente per continuare ad aumentare la spesa pubblica.

Ed ecco il passaggio surreale:

"Ci siamo formati tutti, negli ultimi 10-15 anni, nell'ambito di una narrativa liberista che voleva sempre meno Stato nell'economia. Abbiamo tutti studiato e lavorato in questo contesto culturale. Ma la situazione è cambiata. A causa del Covid, ma anche della guerra. Ed è necessario cambiare anche questo paradigma."

Che lo statalismo sia aumentato negli ultimi 2-3 anni è innegabile, ma che venissimo da 10-15 anni di "narrativa liberista" mi pare un insulto alla realtà. Sempre che Valeri non si riferisca, appunto, solo al detto, e non alle azioni concrete, che certamente in Europa di liberista hanno avuto poco, e in Italia ancora meno.

L'intervistatore di Milano Finanza gli fa notare che la storia degli interventi statali in economia non è esaltante. Valeri lo riconosce:

"Vero. Gli aiuti concessi al comparto chimico (Enimont) o ad Alitalia sono stati fallimentari, ma qui non si tratta di dare soldi a pioggia, come è stato fatto negli anni Settanta o nel decennio successivo. La strategia da mettere in atto è l'esatto contrario. Vanno selezionate con cura le aziende top su cui puntare e darsi degli obiettivi importanti nei settori giusti."

L'elenco dei fallimenti potrebbe anche essere più esaustivo, ma ciò su cui vorrei soffermarmi sono due punti: la selezione delle aziende su cui puntare e la definizione degli obiettivi. Genralmente i governi non sono i soggetti che dovrebbero occuparsene, sia perché non sono onniscienti, sia perché gli obiettivi dovrebbero essere stabiliti da chi in un'impresa investe a proprio rischio, non a rischio di terzi che non hanno voce in capitolo (ossia i pagatori di tasse).

E siccome le risorse non ci sono, il sostegno dovrebbe essere non solo finanziario, ma anche politico a livello internazionale. 

Ad Albert Einstein è attribuita la frase scondo cui "follia è fare le stesse cose aspettandosi risultati diversi". Credo che aspettarsi esiti migliori rispetto a quelli dei decenni scorsi dalla nuova ondata di interventismo sarebbe una vera follia.

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