Scorie - La dedebitazione del Conte Pelanda

Se c'è una cosa di cui si può stare certi a sud delle Alpi è la continua (ri)proposizione di ricette magiche per ridurre il debito pubblico senza fare sacrifici, soprattutto mediante un ridimensionamento della spesa pubblica.

Possono esserci lievi variazioni sul tema, ma la sostanza resta sempre la stessa. E più le idee sono sgangherate, più frequentemente sono ripresentate.

Si prenda, per esempio, quella dell'emissione di titoli di Stato irredimibili, che da ultimo è stata rilanciata da Carlo Pelanda su Milano Finanza. Ciò che distingue la prosa di Pelanda è l'utilizzo di un linguaggio all'apparenza tecnico, ma che a me fa tornare sempre alla mente il grande Ugo Tognazzi nei panni del Conte Mascetti in Amici miei. Quello delle supercazzole, per i più giovani e non appasionati del capolavoro di Mario Monicelli.

Scrive Pelanda:

"La teoria recita che per ridurre il debito bisogna aumentare la crescita economica. Ma se non si riduce almeno in parte il debito con un'operazione "secca", allora non c'è lo spazio fiscale sufficiente per fornire una leva alla crescita stessa, cioè una combinazione tra una detassazione stimolativa degli investimenti privati e potenzialmente di quelli strategici-sistemici statali."

Pare quindi che la teoria non preveda alcuna riduzione di spesa. Anzi, quella per investimenti andrebbe sempre aumentata, perché da quella escono poi moltiplicati gli investimenti privati (e a sud delle Alpi il moltiplicatore keynesiano è molto più esuberante che altrove, sembrano ritenere questi signori). Se poi finiscono per essere considerati investimenti in benessere anche elargizioni e sussidi e qualcuno storce il naso, si può sempre ritenere che a nord delle Alpi siano troppo rigidi.

Pelanda fa poi riferimento al coacervo di ipotesi (tutte non risolutive e anche distorsive) di "nazionalizzazione" del debito, ossia dei istituire strumenti e agevolazioni per indurre il risparmio italiano a sottoscrivere debito pubblico, nella convinzione, tanto sbagliata quanto inquietante, che se tutto il debito fosse detenuto da soggetit residenti non sarebbe un problema e l'Italia non dipenderebbe più dalla "speculazione". Per inciso, se si considera al sicuro il debito solo perché detenuto da soggetti residenti, significa implicitamente che si ritnene di poter agevolmente imporre a quei soggetti una randellata fiscale e/o una ristrutturazione, in caso di necessità.

E allora ecco che Pelanda ripesca l'idea di "un prestito irredimibile allo Stato da parte di cittadini italiani in cambio di un rendimento annuale prolungato (dai 70 ai 100 anni) accompagnato da incentivi fiscali trasferibilità ereditaria senza costi e liquidabilità "liscia". Il punto: la cifra presa a prestito dallo Stato non è computabile come debito pubblico perché il capitale non viene tornato ai prestatori. La possibilità: usare la cifra derivante per abbattere in modo "secco" l'aliquota equivalente di rifinanziamento del debito, così abbattendone una parte."

Sarà pur vero, come sosteneva Keynes (e come pare pensarla anche Pelanda) che nel lungo periodo saremo tutti morti, ma se il prestito fosse irredimibile il pagamento periodico degi interessi non dovrebbe essere limitato nel tempo, per quanto lungo (70 o 100 anni). Altrimenti occorrerebbe un'offerta di quelle che non si possonoi rifiutare, in stile Don Vito Corleone, per convincere qualcuno a sottoscrivere, magari al valore nominale, quei titoli.

Quanto alla "trasferibilità ereditaria senza costi", suppongo che si tratterebbe di esenzione dall'imposta di successione, che già vale per tutti i titoli di Stato white list. La liquidabilità "liscia" mi sembra invece un indizio di supercazzola. 

Ma il meglio, da questo punto di vista, arriva subito dopo:

"Quale cifra? Per capire la quantità utile bisognerebbe scenarizzare l'effetto moltiplicativo della dedebitazione secca parziale: miglioramento del rating, aumento dei flussi di capitale globale verso l'ambiente economico italiano, produttività dello spazio fiscale così generato, computo del peso di lungo termine dell'obbligo di pagare il rendimento eccetera."

Confesso che quando ho letto le parole "scenarizzare l'effetto moltiplicativo della dedebitazione secca parziale", ho pensato: ma lo scappellamento sarà a destra o a sinistra?

Prosegue e conclude Pelanda:

"In parallelo bisognerebbe capire la fattibilità: concorrenza con i titoli di debito ordinari, propensione popolare, metodo di adeguamento all'inflazione altri possibili effetti distorsivi di un bond forte eccetera. Una simulazione preliminare del gruppo di ricerca di ci scrive, anche studiando il recente caso dell'Austria, ha visto la fattibilità, ma molta ricerca necessaria su molteplici dettagli. Pertano chi scrive sollecita un ampio forum di ricerca dedicato a questa opzione di dedebitazione."

Posto che lo studio del caso dell'Austria non richiede oltre una manciata di minuti per consultare un qualsiasi provider di dati di mercato, mi pare appena il caso di sottolineare che quel Paese, a parte avere una situazione di finanza pubblica molto migliore di quella della Repubblica Italiana, ha emesso titoli a lunghissima scadenza, ma non irredimibili. Quindi il paragone mi pare improprio e, in ogni caso, quei titoli concorrono alla formazione del debito pubblico austriaco.

Per il resto, facciano pure la "molta ricerca necessaria su molteplici dettagli", ma non arriveranno mai a trovare la formula magica. E neppure faranno ridere come il conte Mascetti.

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