Scorie - (Non) ci vuole una legge

Una delle tante ipocrisie del cosiddetto stato di diritto consiste nella presunzione che ognuno debba conoscere le normative vigenti, essendo passibile di sanzione in caso contrario. 

Va da sé che si tratta di una cosa impossibile anche per un giurista, il che, nella pratica, porta ognuno a cercare di conoscere quanto meno le norme che impattano maggiormente le attività che svolge in via prevalente. Peraltro, anche con questa limitazione è assai arduo avere una conoscenza esaustiva delle norme di vario livello in vigore.

Trovo sempre interessante la lettura degli articoli nei quali c'è chi si prende la briga di quantificare i provvedimenti in vigore, molti dei quali con ogni probabilità inapplicati da decenni, ma formalmente mai abrogati.

Per esempio, in un articolo sul Sole 24 Ore del lunedì, Antonello Cherchi scrive che in Italia sono in vigore quasi 110mila leggi e sarebbero ancora validi 33mila regi decreti, 7.200 decreti luogotenenziali, nonché 21 decreti del duce. D'altra parte, nella antifascistissima Italia del secondo dopoguerra il codice civile datato 1942 è rimasto invariato per decenni e, nelle parti più dirigiste, non è stato cambiato di una virgola.

Cherchi scrive che "uno Stato moderno deve avere, come vanno predicando da tempo i cultori della materia, non più di 10mila leggi". Il che aiuta a capire da un lato che il Paese è "affetto da obesità legislativa", ma, dall'altra, che anche se fossero 10mila sarebbe fuori dalla portata di un essere umano averne una conoscenza minimamente sufficiente.

Luca Fornara, responsabile della Filiera giuridico-amministrativa del Poligrafico dello Stato, che gestisce la banca dati, afferma che sono stati contati quasi 204mila provvedimenti dal 1861 a oggi, ma quella sarebbe solo una parte della produzione legislativa. 

Basti pensare che nel 2009-2010 sono stati abrogati di più di 400mila provvedimenti, tra leggi, decreti e atti amministrativi. A essere abrogati furono, però, solo i provvedimenti su cui vi era la certezza che fossero totalmente inutili.

Il problema è che la produzione legislativa, come segnala Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale a Roma Tre, "è proseguita con ritmi normali, ma in modo confuso. Il vero problema è che si continua a fare ricorso, e lo si è fatto anche durante l'emergenza, a provvedimenti omnibus, dove ci si infila di tutto."

Il che rende poi più complicato, ex post, abrogare le norme.

Il problema, dal mio punto di vista, è che nessuno ritiene che la legislazione in vigore non sia eccessiva, ma troppi, un giorno sì e l'altro pure, di fronte a qualsiasi questione non sanno dire altro che "ci vuole una legge".

I risultati, poi, si vedono.

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