Scorie - Tu chiamala, se vuoi, schiuma

Al termine della periodica riunione del Federal Open Market Committe, il presidente della Fed, Jerome Powell, ha ribadito che per ora lo stimolo monetario deve rimanere intatto, con tassi a zero e acquisti di titoli per 120 miliardi di dollari al mese.

Bontà sua, Powell ha ammesso che sui mercati finanziari si vedono "cose un po' schiumose". Aggiungendo poi: "non dico che non abbia nulla a che fare con la politica monetaria, ma ha moltissimo a che fare con le vaccinazioni e la ripartenza dell'economia."

Come no: magari d'ora in poi scriveranno sui bugiardini dei vaccini anti Covid che la loro inoculazione favorisce l'aumento delle quotazioni degli asset finanziari, come se a essere iniettati nelle persone fossero dollari creati dal nulla.

Non che un banchiere centrale possa ammettere che esiste una bolla e che la stessa sia diretta conseguenza del proprio operato. Però i numeri sono abbastanza chiari: la proliferazione di debito ha subito una accelerazione talmente potente dal 2008 e poi dal 2020 che per renderlo sostenibile è necessario che i tassi di interesse reali siano mantenuti artificialmente negativi.

La stessa vigorosa ripresa degli Stati Uniti è fatta in gran parte a debito. Prova ne sia che il rapporto tra debito pubblico e Pil, nonostante le mirabolanti previsioni di espansione dell'economia, crescerà nei anche prossimi anni, secondo le stime del FMI (che generalmente non peccano di pessimismo). Alla fine del 2026 il debito del governo federale potrebbe raggiungere il 134,5% del Pil, lo stesso livello a cui si trovava quello della scassata Repubblica italiana a fine 2019, prima della pandemia. 

Negli Stati Uniti il rapporto era al 108,2% a fine 2019. Ed era al 64,7% a fine 2007, prima della crisi che si manifestò con l'implosione dei mutui sub-prime e il default di Lehman Brothers. E' evidente che la crescita realizzata è stata dopata e, soprattutto, che continua a essere alimentata con una produzione di debito ben superiore a quella del Pil. Il bilancio della Fed era pari al 6% del Pil nel 2007, mentre a fine marzo 2021 il rapporto è pari al 36,5%.

Una situazione che rende la sostenibilità del debito condizionata all'artificiale compressione dei tassi di interesse, il cui effetto collaterale però è quello di gonfiare i prezzi degli asset e incrementare gli squilibri.

L'illusione di poter andare avanti a tempo indeterminato con questa strategia è destinata prima o poi a scontrarsi con la realtà, ossia che la monetizzazione di dosi crescenti di debito non può sostituire l'aggiustamento delle condizioni di squilibrio che vanno ben oltre l'essere "un po' schiumose".

Temo, purtroppo, che la reazione sarà anche in quel caso di rincarare la dose di interventismo.


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