Scorie - Rai1 Bank

Da quando è amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina ha ottenuto ottimi risultati in anni decisamente complessi per le banche (soprattutto) in Italia. Essendo a capo della principale banca "di sistema", controllata da quei soggetti formalmente privati ma sostanzialmente pubblici che sono le fondazioni di origine bancaria, non deve stupire che Messina svolga un ruolo anche politico.

Tuttavia capita a volte di leggere affermazioni (generalmente filo governative, in tutte le stagioni, quasi una sorta di Rai1 delle banche) che, a mio parere, sono un po' troppo da politico.

Per esempio, in una lunga intervista al Messaggero, a proposito del MES, Messina ha affermato:

"Se la sola condizione fosse la destinazione al settore della sanità, non ci sarebbero ragioni per non farlo. Sarebbe una grande opportunità per rifondare un sistema sanitario all'altezza delle necessità del Paese. Quanto al risparmio in termini di interessi, calcolato in circa 7 miliardi, rifiutare significherebbe assumersi una responsabilità. Pensi a quanto si potrebbe fare con 7 miliardi sul fronte della povertà, dell'occupazione giovanile, della defiscalizzazione."

Il risparmio di circa 7 miliardi sarebbe dovuto alla differenza tra il tasso pagato attualmente per emettere un BTP decennale e il costo del prestito del MES.

Da questo punto di vista appare ridicolo, per esempio, quanto affermato dal presidente del Consiglio nei giorni scorsi, ossia che l'Italia chiederebbe il prestito al MES solo se lo facesse la Francia. La quale, però, pur avendo una dinamica dei conti pubblici da anni peggiore dell'Italia e apparendo migliore solo perché partiva nel 2008 da una situazione non disastrata come quella italiana, a oggi ha un costo di emissione inferiore a quello che sosterrebbe indebitandosi con il MES.

Ciò detto, e tornando a Messina, quando afferma: "Pensi a quanto si potrebbe fare con 7 miliardi sul fronte della povertà, dell'occupazione giovanile, della defiscalizzazione", si comporta da politico al 100%. Risparmiare soldi come spesa per interessi dovrebbe servire a contenere la spesa pubblica, non a spendere quei soldi in altro modo, considerando lo stato pietoso del bilancio dello Stato già prima della pandemia.

Perché il conto, prima o poi, qualcuno lo dovrà pagare. Chi chiede voti non se ne preoccupa, perché pensa a ottenere consenso. Chi non chiede voti dovrebbe pensare anche al domani. Sempre che in quel domani non pensi a sua volta di chiedere voti.

 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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