Scorie - Il pasto non gratis della cancellazione condizionata

Il Fatto Quotidiano ha intervistato Laurence Scialom e Baptiste Bridonneau dell'università Paris Nanterre. I quali, dopo aver sostanzialmente addossato le colpe della pandemia al neoliberismo, propongono la cancellazione condizionata del debito degli Stati acquistato in questi anni dalla BCE.

"Cosa accadrebbe invece se la Bce rinunciasse al denaro che gli Stati le devono e dicesse loro di usarlo per gli investimenti? Da una parte si potrebbero finanziare i servizi pubblici e la transizione ecologica. Dall'altro si risponderebbe alla lentezza economica: dal momento che la domanda privata è debole, l'unico modo per rilanciare l'economia è giocare sulla domanda pubblica."

Secondo i due economisti francesi vivrebbero tutti felici e contenti, o quasi. A loro parere dovrebbe essere il Parlamento europeo a stabilire le priorità in termini di investimenti pubblici. Dopodiché, ogni Stato potrebbe ottenere la cancellazione di titoli di debito in precedenza acquistati dalla BCE per l'equivalente delle somme impiegate negli investimenti pubblici "prioritari".

C'è qualcosa di nuovo? In realtà no. Si tratta pur sempre di monetizzazione, ancorché a scoppio ritardato.

Se, per ipotesi, gli Stati investissero per il totale dei titoli posseduti dalla BCE, una parte cospicua dell'attivo di bilancio della stessa verrebbe meno, rendendola tecnicamente insolvente.

Ovviamente una banca centrale ha la singolarità di creare dal nulla le proprie passività, quindi il problema sorgerebbe in misura tangibile solo qualora venisse meno la fiducia degli operatori di mercato e dei cittadini sull'euro.

Cosa che chi propone le varie forme di monetizzazione tende sempre a escludere. Resta anche il fatto che, distribuendo agli Stati la quasi totalità degli introiti da signoraggio, le banche centrali già oggi azzerano sostanzialmente il peso del debito che acquistano. E se i titoli in scadenza sono sostituiti per lo stesso ammontare, questo si perpetua.

La cancellazione sarebbe però un passaggio ulteriore. Sempre e comunque a spese di qualcuno, perché di gratis non c'è nulla.

 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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