Scorie - Tremonti, le pecore e le stablecoin
Ogni intervento di Giulio Tremonti, sia esso un articolo o un'intervista, contiene alcuni elementi fissi: la sua prosa da profeta, che in articoli e libri ha previsto decenni addietro quello che poi si è verificato; un uso divertente delle metafore; la colpa dei problemi attuali sostanzialmente riconducibili a Mario Draghi, sia quando dirigeva il financial Stability Forum (poi Board), sia da capo della BCE con il famoso (famigerato) "Whatever it takes", che per Tremonti è "Whatever mistakes".
Devo dire che su questo ultimo punto non riesco a non essere d'accordo con Tremonti, che, andando contro un mainstream che ha santificato Draghi fin da quel 2012, addita come causa dei problemi e non come soluzione la gran quantità di base monetaria emessa dalle banche centrali nei lunghi anni di QE e tassi negativi (a onor del vero alla Federal Reserve non hanno aspettato le sollecitazioni di Draghi per stampare moneta a manetta). Poi abbiamo idee diverse sui rimedi, ma questo è un altro discorso.
Nell'ultima intervista rilasciata a Laura Serafini del Sole 24 Ore, Tremonti rispetta il copione sopra delineato. Tema di fondo sono le stablecoin a cui è dedicato il recente "Genius act" statunitense.
Secondo Tremonti:
"L'amministrazione Trump ha varato il Genius Act con l'obiettivo di rafforzare il dollaro, utilizzando le cripto come collaterale del biglietto verde al posto di quello che un tempo era l'oro. Un tempo collaterale era l'oro, adesso ci sono le cripto. I controlli su queste attività sono previsti, ma non si sa quanto siano efficaci. L'obiettivo è quello di stabilizzare il ruolo del dollaro e, forse, dell'Occidente. Il rischio, però, è che l'effetto sia invece destabilizzante".
Mentre l'obiettivo di rafforzare la domanda di dollari e titoli del Tesoro USA è evidente, non saranno le stablecoin a essere il collaterale del dollaro, ma quest'ultimo sarà il collaterale delle prime. Ogni emissione di stablecoin dovrà infatti essere collateralizzata da una riserva in dollari, siano essi rappresentati da riserve bancarie o titoli del Tesoro (per lo più a breve termine), in modo tale da garantire la convertibilità in qualsiasi momento e mantenere, per l'appunto, stabile il rapporto uno a uno tra la stablecoin e il dollaro.
Nella sostanza sarà l'equivalente digitale di un fondo di mercato monetario, con la differenza che la stablecoin potrà esser eutilizzata come mezzo di pagamento anche senza essere riconvertita in dollari.
E' evidente, comunque, che ogni emissione di stablecoin crea domanda per una equivalente quantità di dollari. Resta da capire, quello sì, quanto saranno efficaci i controlli sul mantenimento effettivo di una quantità di riserve non inferiore al 100% delle stablecoin emesse.
In ogni caso l'intervista è, come sempre, godibile, specie quando parla della ricchezza partendo dalle pecore.
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