Scorie - I nodi francesi stanno arrivando al pettine


Tira nuovamente aria di crisi di governo in Francia, che in questioni di finanza pubblica sta compiendo un percorso italiano con qualche decennio di lag temporale e, ovviamente, atteggiamenti da nobile decaduta, soprattutto da parte del suo presidente della Repubblica pro tempore.

L'8 settembre ci sarà un voto di fiducia su una manovra che, per il 2026, prevede un mix di tasse e riduzioni di spesa per 44 miliardi.

Per i socialisti, che sono l'ago della bilancia, votare la fiducia su questa manovra è "impensabile". Ovviamente tanto estrema destra quanto estrema sinistra si oppongono.

Ma il deficit non può continuare a essere più vicino al 6% che al 3%, con conseguente incremento dello stock di debito pubblico.

Come dichiara lo stesso capo del governo, François Bayrou, la "dipendenza della Francia dal debito è diventata cronica. Il debito pubblico diventerà proprio quest'anno la voce più importante del bilancio dello Stato. Le rate annuali che dovremo rimborsare saranno più pesanti del bilancio dell'istruzione nazionale e di quello delle forze armate."

In Francia le entrate dello Stato sono superiori al 51% del Pil. E' quindi comprensibile, anche per chi non è libertario, l'opposizione a un aumento delle tasse.

Il problema è che la spesa pubblica supera il 57% del Pil, roba da fare impallidire perfino chi sta dall'altra parte delle Alpi. Eppure non c'è la volontà politica di ridurla.

Mai come in questo caso pare quindi perdurare la diffusa "illusione di poter vivere alle spalle degli altri" di cui parlava Bastiat, anche se lo scontro con la realtà pare avvicinarsi sempre più velocemente. Forse tra qualche tempo cominceremo a sentire i discorsi sul debito buono anche da quelle parti...

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