Scorie - Leggere per comprendere
Come nei libri gialli l'assassino classicamente è il maggiordomo, nella saggistica sui mali del mondo il colpevole è quasi sempre il libero mercato. Il tutto nonostante il mercato sia sempre meno libero, da decenni a questa parte. Viviamo in un mondo iperregolamentato, eppure ogni minimo annuncio (che poi spesso non è seguito da fatti concreti degni di nota) di deregolamentazione è subito seguito da avvertimenti e richiami di attenzione, oltre agli immancabili nuovi libri sui mali del libero mercato.
Da ultimo mi sono imbattutto in un commento del professor Vittorio Pelligra, che sul Sole 24 Ore si occupa del libro "Race, Gold, IQ, and the Capitalism of the Far Right" di Quinn Slobodian.
Il quale, scrive Pelligra, "ci accompagna in un viaggio dentro la genealogia oscura di un pensiero che ha saputo fondere l'idolatria del mercato con le teorie della selezione genetica, l'oro con il sangue, la libertà con l'esclusione. È la storia di una mutazione inquietante, quella che ha trasformato l'eredità del liberalismo classico in una dottrina elitista, post-democratica e razzialmente selettiva, adottata da frange sempre più influenti della destra radicale contemporanea."
Sì, perché ciò che "emerge dai documenti, dagli archivi, dalle pubblicazioni di nicchia è una costellazione coerente, una mutazione genetica del pensiero hayekiano, portata a compimento da figli intellettuali "bastardi" che, nel nome dell'ordine spontaneo e della libertà individuale, l'hanno strumentalizzato per giustificare il suprematismo, il fondamentalismo pro "gold standard" e il darwinismo sociale, partorendo un'ideologia tribale, post-democratica e suprematista."
Tra i "bastardi" ci sarebbe anche Hans-Hermann Hoppe, che condividerebbe con i "coimputati" quanto segue: "le capacità cognitive e produttive sono distribuite dalla natura in maniera diseguale e qualsiasi processo di redistribuzione istituzionale è una menzogna che ostacola il funzionamento "puro" del mercato. Ma il vero nemico per questi personaggi è la democrazia. La voce delle masse è vista come un pericolo da contenere, non una fonte di legittimità politica. L'ordine non nasce dal voto, ma dalla selezione naturale dei più capaci. È un'anti-politica mascherata da ultra-libertarismo: uno spazio in cui le libertà civili sopravvivono solo come privilegio di pochi eletti, protetti da istituzioni minimali e criptovalute. La democrazia è una forma di redistribuzione mascherata, e quindi come una minaccia alla civiltà stessa."
Non so quanti libri o articoli di Hoppe abbia letto Pelligra. Per quanto mi riguarda, in quelli che ho letto io sono contenute idee che nel libro di Slobodian mi sembrano (volutamente) distorte.
E' un fatto, non un'opinione, che ogni individuo sia unico, e quindi che ognuno abbia "capacità cognitive e produttive" (per usare le parole di Pelligra) diverse dagli altri. E' altrettanto un fatto che ogni processo di redistribuzione comprime il diritto di proprietà di qualcuno a favore di altri.
Che "la voce delle masse" sia considerata "un pericolo da contenere" mi sembra in realtà quello che i più fieri sostenitori della democrazia hanno praticato, a prescindere da quanto andavano dicendo. La posizione libertaria non è quella di "guidare" le masse, come vorrebbero gli intellettuali democratici, bensì di basare ogni interazione sulla volontarietà. Non si tratta di un diritto di pochi eletti, ma di un diritto di ogni individuo.
Prosegue Pelligra:
"Il libro disegna una topografia intellettuale tanto disturbante quanto concreta. L'oro, in queste teorie, non è solo un metallo, ma una metafora: della purezza, dell'immutabilità, della resistenza al tempo e alle debolezze umane. Tornare all'oro è tornare all'origine, al valore che non mente, al denaro che non può essere creato "dal nulla" da uno Stato corrotto o da masse pigre. Il gold standard diventa religione secolare contro la degenerazione del welfare."
Non so a quali autori si riferisca il libro, ma nelle difese del gold standard io non ho mai letto che sarebbe un antidoto a "masse pigre", mentre certamente il ruolo dello Stato nella emissione e gestione della moneta è caratterizzata, da secoli, da episodi di inflazione e iperinflazione, con distruzione del potere d'acquisto della moneta stessa.
Ma non è tutto:
"Allo stesso modo, l'intelligenza, misurata, classificata, ereditata è il fondamento di una nuova organizzazione sociale neo-castale. Così, la fortuna diventa merito, il privilegio si traveste da selezione naturale e ogni sconfitta personale è reinterpretata come prova di indegnità."
Anche in questo caso, non so a quali autori si faccia riferimento, ma il libertarismo è altro ed è ben distante dal propugnare "una nuova organizzazione sociale neo-castale".
Conclude Pelligra:
"In tempi in cui il termine "merito" è rispolverato come vessillo e il welfare viene visto come spreco, libri come questo sono necessari per comprendere. Non per rifiutare in blocco l'eredità liberale, ma per sottrarla al suo volto più cupo. Per ricordare, infine, che non tutto ciò che viene presentato come libertà è veramente liberatorio."
A mio parere, per comprendere, sarebbe necessario leggere non solo chi critica, ma anche chi è oggetto della critica stessa.
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