Scorie - Ecco la nuova ricetta: più investimenti pubblici a debito

In un articolo in cui rilanciano l'importanza degli investimenti pubblici, Floriana Cerniglia e Francesco Saraceno sintetizzano i contenuti di un loro studio in merito.

"Il leitmotiv del volume è che la politica industriale non può essere ridotta a strumento per consentire ai mercati di funzionare, ad esempio «livellando il terreno di gioco» e riducendo o eliminando le rendite e il potere di mercato (la dottrina che ha prevalso nella Commissione europea in passato); né a favorire la creazione di grandi conglomerati oligopolistici con l'obiettivo di competere sui mercati internazionali; o, ancora, a operare esclusivamente tramite la regolamentazione."

Quindi non basterebbe uno Stato regolatore, che pure in Europa è abbastanza asfissiante. Come dovrebbe essere la politica industriale?

"La politica industriale deve essere una strategia multidimensionale che favorisca la trasformazione strutturale e riduca i colli di bottiglia nei settori strategici, facilitando il processo di distruzione creativa che rialloca risorse dalle attività a bassa produttività a settori che siano strategici per le transizioni ecologica e digitale o per motivi geopolitici."

La formula, che può dire tutto e niente (verrebbe da dire che siamo di fronte a una sorta di supercazzola), credo distorca il concetto schumpeteriano di distruzione creativa, che non sarebbe, come nella versione originale, un fenomeno di mercato, bensì un processo gestito o anche generato dall'intervento pubblico. Ogni riferimento all'elettrificazione forzata delle automobili è voluto.

Posto che nessuno è onnisciente, nemmeno a Bruxelles e dintorni, pare che il problema siano però un "clima non favorevole a grandi progetti comuni e le mani legate delle politiche nazionali (a causa del nuovo Patto di Stabilità, troppo simile al vecchio)."

Gira e rigira, si arriva sempre a questo punto, ossia all'impossibilità autoinflitta da parte degli Stati europei a fare grandi investimenti a debito, che ovviamente avrebbero effetti moltiplicativi tali da ridimensionare di molto la portata della moltiplicazione dei pani e dei pesci a opera di Gesù.

E, altrettanto ovviamente, la ricerca dovrebbe essere quella più finanziata. Parola di due professori universitari, di certo scevri da conflitti di interessi.

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