Scorie - Il green socialism cresce anche in America

Tra le tante cose che ha gonfiato il lungo periodo di politica monetaria ultraesoansiva, ci sono anche gli investimenti green.

Trattandosi di progetti con orizzonti temporali lunghi, la sensibilità del loro valore attuale netto al livello dei tassi di interesse è elevata. Attualizzare flussi di cassa che si manifesteranno (non entrando nel merito della validità della loro stima) molto avanti negli anni porta a risultati molti diversi in base al tasso di interesse utilizzato.

E siccome negli investimenti generalmente i flussi di cassa in uscita si concentrano nei primi anni mentre quelli in entrata si manifestano successivamente, tanto più basso è il tasso di interesse utilizzato per attualizzare i fussi, tanto più alto risulta il valore attuale netto. E viceversa.

Da un paio di anni a questa parte finanziare investimenti a lungo termine è molto più costoso rispetto a prima, quindi molti progetti che un paio di anni fa sembravano avere ex ante un valore attuale netto positivo, oggi non sono più convenienti.

Quindi i fautori della transizione green a ogni costo invocano (ulteriori) incentivi governativi, che però gonfiano deficit e debito pubblico. Si pensi al cosiddetto Inflation Reduction Act statunitense (che in realtà non riduce l'inflazione, ma tant'è).

In sostanza, i prodigi di questi investimenti non sarebbero tali senza l'aiutino, che prima arrivava per lo più dalla politica monetaria espansiva, mentre adesso dovrebbe arrivare (fino alla prossima tornatsa di allentamento monetario) dal governo. 

In ultima analisi si tratta sempre di spostare oneri sulle tasche dei pagatori di tasse presenti e/o futuri, quello che cambia è la forma. Oltre alla distribuzione dell'onere tra diverse categorie di pagatori.

Matthew Yglesias è tra quelli che, per aiutare il finanziamento, invocano anche negli Stati Uniti l'introduzione di una forma di carbon tax, che "aiuterà a ridurre il deficit federale".

La convinzione è che un eventuale ritorno di Trump alla Casa Bianca "farebbe esplodere il deficit". Il che non è assolutamente da escludere, ma non è che si partirebbe da una gestione oculata del bilancio federale, dato che Biden sta facendo deficit con grande disinvoltura, a migliaia di miliardi.

Ma Biden non starebbe riducedo il deficit per colpa di Trump, nel senso che non vuole sembrare più restrittivo e perdere le elezioni. Il che è abbastanza ridicolo, dato che questa amministrazione se ne è beatamente disinteressata del deficit anche gli anni scorsi.

Soprattutto, la riduzione di spesa sarebbe comunque inevitabile se qualcuno volesse realmente abbassare il deficit, perché non è realistico pensare di introdurre tasse per centinaia o migliaia di miliardi supponendo che la base imponibile resterebbe la stessa di oggi.

Aumenterebbe la dimensione del "tassa e spendi" (sarebbe più realistico invertire l'ordine nella definizione), il peso complessivo dello Stato, a fronte di una riduzione dello spazio del mercato. Sarebbe un passo ulteriore nella via al green socialism anche in America. Ed è un peccato che nel dibattito nessuno, in sostanza, proponga un approccio libertario come quello delineato da Murray Rothbard in "Law, Property Rights and Air Pollution".

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