Scorie - Sognando la prosperità a mezzo deficit

Capita un giorno sì e l'altro pure di imbattersi in esortazioni a imitare l'amministrazione Biden, che sta continuando a praticare una politica fiscale fortemente espansiva, apparentemente senza curarsi del rapido e progressivo deterioramento del bilancio federale.

Costoro guardano solo l'andamento del Pil, che per come è costruito in effetti si "gonfia" nel breve termine quando lo Stato spende e spande.

Gustavo Piga, per esempio, nota che dalla politica fiscale "l'Europa continua a non ricevere risposte in linea con i suoi obiettivi di crescita economica. La straordinaria divergenza di performance tra le due sponde dell'Atlantico, con gli Stati Uniti che nel quinquennio 2020-2024 crescono del quasi 10% a fronte del quasi 4% dell'area euro lo conferma: a parità di politiche monetarie restrittive, la politica fiscale espansiva di Biden, con deficit ampi a finanziare maggiori spese strategiche, è agli antipodi di quella restrittiva europea, che ha da poco riproposto un nuovo Patto di Stabilità austero fatto di crescenti riduzioni di deficit."

Per inciso, di restrittivo dai tempi del Covid in poi non c'è stato nulla, ma per alcuni il fatto che il deficit in rapporto al Pil sia un po' diminuito rispetto ai picchi dei tempi dei lockdown significa che la restrizione è in atto.

E se si guarda l'altra faccia della medaglia, negli Stati Uniti non ci sono prospettive di contenimento della crescita del rapporto tra debito e Pil, mentre in Europa, a livello aggregato, dovrebbe proseguire una lieve discesa. Per di più partendo da un livello dell'89% contro il 122% degli Stati Uniti.

Alcuni auspicano che si arrivi ad avere un vero e proprio bilancio comune, che però non convince Piga, perché la politica fiscale comune non sarebbe abbastanza espansiva.

Molto meglio consentire "ai singoli Paesi di praticare politiche fiscali espansive in autonomia. Questa scelta, attualmente disponibile, sarebbe capace non solo di ravvivare le attuali magre statistiche europee del Pil ma di mettere anche in sicurezza il rapporto debito/Pil dei Paesi più a rischio. L'Italia è una controprova di ciò: nel secondo decennio del secolo, costretta dall'austerità a ridurre i suoi deficit, ha visto il debito/Pil crescere di 30 punti percentuali; mentre nei soli due anni di questo secolo in cui abbiamo recuperato dinamismo rispetto alla media europea, il 2022 e 2023, grazie a una crescita maggiore dell'1% generata da una politica fiscale generosa, il debito/Pil è calato. Oggi, 2024, che quelle politiche si interrompono per tornare austere, il debito risale nuovamente. Vero è che l'espansione via ecobonus non fu la politica ideale per sostenere credibilmente la crescita: bisogna spendere meglio."

Il problema dei bonus edilizi degli ultimi anni non è tanto e solo rappresentato dal loro effetto temporaneo sul Pil, bensì dal loro effetto a scoppio ritardato sul debito, che si manifesterà nei prossimi anni. E il conto sarà salato per i pagatori di tasse.

Ma come spenderebbe "meglio" Piga? Nel personale della pubblica amministrazione, facendo "investimenti in capitale umano finanziati in deficit". Posto che è abbastanza improbabile che la spesa in personale possa essere considerata interamente un investimento, il ragionamento di Piga pare presupporre che l'aumento di efficienza della PA farebbe volare il Pil. Non dubito che possa aiutare, ma non credo che sarebbe sufficiente a far calare il debito in rapporto al Pil.

Quanto all'eventuale scetticismo (per usare un eufemismo) degli altri Paesi Ue, basterebbe adottare la formula del PNRR, con "controlli europei di qualità, con precisi milestone e target, soddisfatti i quali, si potrà continuare a spendere per il bene del Paese e per la salvezza della "mortale" Europa."

L'unica consolazione è che uno scenario del genere non si verificherà mai. Ma è una magra consolazione, perché il futuro dei pagatori di tasse non credo sarà roseo.

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