Scorie - La flessibilità qualcuno la deve pagare

Nell'eterno dibattito sulle pensioni pubbliche, ciò di cui non vi è carenza di offerta in Italia sono le proposte che non hanno sostenibilità finanziaria.

Di recente Paolo Ricotti, Presidente nazionale del Patronato Acli, ha detto la sua in merito al dopo quota 100, che cesserà a fine 2021.

Dopo aver commentato i dati di adesione a quota 100, inferiori alle attese formulate quando il provvedimento fu introdotto, Ricotti pone le consuete domande: "perché oggi non si può scegliere di andare liberamente in pensione? Se un soggetto vuole utilizzare il proprio montante contributivo, anticipatamente, pure a costo di un importo pensionistico più basso, perché non può farlo?"

Ed ecco la sua risposta:

"È chiaro che bisognerà bilanciare sull'assegno mensile, che diminuirà in proporzione all'anticipo pensionistico, ma credo che sia giunto il momento di cambiare prospettiva, ecco perché come Patronato Acli proponiamo, per riformare la previdenza italiana, alcuni cardini."

Il primo di tali cardini sarebbe l'equità, che, seocndo Ricotti, "vuol dire guardare a tutti, a uomini e donne, ai giovani che iniziano a lavorare, a chi ha carriere frammentate, a chi ha subìto un infortunio, a chi non è riuscito ad accumulare contributi che gli permettano di vivere dignitosamente. Equità come sinonimo anche di "ragionevolezza" e di "sostenibilità sociale": non è equo – nel senso di ragionevole, e non è più sostenibile dalle famiglie e dai lavoratori, in un sistema di carriere sempre più frammentate e discontinue – imporre come traguardo di pensionamento anticipato 42 anni e 10 mesi di contribuzione, e come traguardo di pensionamento di vecchiaia per i giovani 71 anni di età."

Il secondo cardine sarebbe la flessibilità: "il montante che si accumula negli anni di lavoro è un tesoretto che il contribuente dovrebbe essere libero di utilizzare, scegliendo se anticipare o meno la pensione."

Ricotti propone "di rendere universale e strutturale la possibilità di andare in pensione con flessibilità nelle scelte e ciò si tradurrebbe nel lasciare la libertà a ogni lavoratore di uscire dal mercato del lavoro con un minimo anagrafico (tra i 63 e i 65 anni) e un minimo contributivo (che potrebbe essere di 20 anni), stabilendo nel caso una percentuale di riduzione della quota retributiva per coloro che vanno in pensione con il sistema misto."

In definitiva, la previdenza "deve essere costruita intorno al contesto di ogni cittadino, come un vestito su misura, e non può continuare a basarsi su iniziative spot o piccoli rattoppi che di anno in anno avvantaggiano o svantaggiano questa o quella categoria. Oggi, in un momento storico in cui la nostra generazione vivrà peggio di quella che l'ha preceduta, dobbiamo avere il coraggio di ripensare alla previdenza, rendendola più flessibile, universale ed equa, perché da una buona previdenza deriva una buona qualità della vita."

Purtroppo Ricotti sembra ignorare che il sistema pensionistico non è uno schema a capitalizzazione, bensì a ripartizione, in cui i contributi versati sono utilizzati per pagare le pensioni in essere. Quindi ogni "flessibilità" presenta problemi di risorse necessarie a pagare le prestazioni pensionistiche. Ciò a maggior ragione in un contesto demografico di denatalità e invecchiamento.

Quanto al rimedio proposto, ossia una riduzione dell'assegno per chi anticipa l'uscita dal lavoro, sarebbe certamente una parte della soluzione. Ma si scontrerebbe inevitabilmente con un risultato che nessuno dei proponenti queste ricette vorrebbe accettare: ossia assegni molto inferiori a quelli attuali, soprattutto per chi ha versato contributi in modo discontinuo.

A quel punto spopolerebbero le proposte di integrazione con varianti del reddito di cittadinanza e altre cose simili, ponendo a carico dei pagatori di tasse una parte più o meno consistente della "flessibilità".

Sarebbe certamente preferibile un sistema in cui ognuno può decidere quando andare in pensione, ma farlo socializzandone i costi finisce inevitabilmente per caricare sulle spalle dei giovani gli oneri connessi alla pensione anticipata dei padri.

Pasti gratis non ce ne sono.

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