Scorie - La (non) soluzione italiana

In un articolo dedicato al Monte dei Paschi di Siena all'indomani del fallimento della trattativa tra Tesoro e Unicredit per l'acquisizione del Monte da parte di quest'ultima, Ignazio Angeloni scrive:

"La notizia che il ministero dell'Economia aveva abbandonato il negoziato sulla cessione della propria quota in Mps a UniCredit è stata accolta dai principali osservatori con serenità, quasi con sollievo. Lo Stato italiano – questa la reazione prevalente – ha avuto il coraggio di respingere le condizioni imposte dall'acquirente e potrà ora dedicarsi con calma, una volta ottenuto un allungamento del termine dalla Commissione europea, a individuare una nuova soluzione a condizioni di mercato. Questa reazione lascia aperte due domande. La prima, che in verità andrebbe rivolta proprio alla Commissione, è : quali sono le condizioni di mercato, se non quelle offerte dall'unico acquirente che il mercato stesso ha ritenuto di esprimere? La seconda si riassume in due sole parole: e adesso? Adesso è bene anzitutto tralasciare le polemiche, in particolare quelle riguardanti la "ricapitalizzazione precauzionale" (in gergo, precap) del 2017. Che quel salvataggio senza una vera ristrutturazione fosse destinato a portare alla vana dispersione di risorse pubbliche che poi si è puntualmente verificata era chiaro già da allora a chi voleva tenere gli occhi aperti. Quell'operazione fu il frutto congiunto della cronica tendenza dei regolatori (alcuni specialmente) a procrastinare quando si trovano di fronte a problemi bancari e di una legislazione europea bifronte, che a parole vieta gli aiuti di Stato, ma nei fatti li consente e li facilita. Speriamo che la riforma dell'unione bancaria, partita fra mille ostacoli posti dai regolatori nazionali, affronti anche questo problema."

Fin qui non avrei nulla da eccepire.

Angeloni prosegue poi indicando due ipotesi, a suo parere entrambe da non percorrere, ossia la cessione di MPS a una delle banche francesi già presenti in Italia (Credit Agricole e BNP Paribas), oppure a una banca italiana, su tutte Banco BPM o BPER. 

Personalmente trovo più convincenti i motivi per scartare la seconda ("Sarebbe un'operazione ad alto rischio, dal punto di vista prudenziale e sistemico. Il soggetto risultante non darebbe sufficienti garanzie di solidità e sostenibilità nel tempo. E in ogni caso, le condizioni per il Tesoro non sarebbero migliori di quelle che esso ha rifiutato a UniCredit."), piuttosto che quelli pe rscartare la prima ("Una maggiore integrazione bancaria europea è certamente auspicabile, ma in questo caso il vantaggio sarebbe minimo, data la presenza già forte della Francia nel settore bancario italiano e anche in quello del risparmio gestito, dopo la cessione di Pioneer ad Amundi. Inoltre, le operazioni cross-border dovrebbero preferibilmente non avvenire in una direziona sola. Le partecipazioni bancarie italiane in Europa sono limitate, e oggi, dopo il recente cambio di strategia di UniCredit, non si intravedono nuove prospettive in questo senso. Da ultimo, ma forse non in ordine di importanza, un'acquisizione transalpina potrebbe comportare un danno reputazionale per il Paese, se fosse vista, non inverosimilmente, come un segno della sua incapacità e rinuncia a risolvere un problema al cuore del nostro sistema del credito, dopo anni di tentativi andati a vuoto.")

Angeloni scarta anche l'ipotesi stand alone, ossia il mantenimento della partecipazione di maggioranza in capo al Tesoro. Ipotesi cara, per esempoio, ai vagheggiatori della banca pubblica per gli investimenti che ancora vanno sotto l'etichetta politica di M5S.

Cosa fare, dunque? Secondo Angeloni, "una soluzione italiana sembra decisamente preferibile. Tanto meglio se fosse un'operazione di sistema, attuata di concerto fra il settore privato e quello pubblico. Le principali banche italiane (diciamo almeno una decina, senza che nessuna si tiri indietro) potrebbero rilevare la quota pubblica della banca senese tramite una joint venture le cui quote rifletterebbero le caratteristiche dimensionali dei partecipanti e le loro esposizioni verso Mps. L'operazione avrebbe una durata dichiaratamente limitata, senza però un limite temporale rigido, per arrivare a una collocazione sul mercato o alla fusione con altro soggetto entro alcuni anni. Mps verrebbe preventivamente ristrutturata, portando gli indicatori di costo, ricavo e qualità degli attivi sopra il livello medio del sistema Italia. Il settore pubblico ne sopporterebbe i costi, peraltro già insiti nell'attuale situazione. Risparmierebbe però la ricapitalizzazione, e verosimilmente anche parte dei costi di ristrutturazione se parti del business venissero rilevate da alcuni partecipanti. Il risultato sarebbe un Mps più piccolo, ma sostenibile economicamente e con una solida struttura di capitale."

Vengono in mente analogie con le popolari venete. In quel caso, prima ci fu l'operazione di sistema, con il Fondo Atlante, che avrebbe dovuto ottenere il risanamento ipotizzato ora da Angeloni per MPS e che, al contrario, fu un sanguinoso fallimento. Poi ci fu l'acquisizione delle due banche da parte di Intesa Sanpaolo, con uno schema che ora Unicredit voleva grossomodo replicare con MPS. Schema che, in estrema sintesi, consisteva nel fare cherry picking sugli attivi delle banche acquisite e nell'ottenere dallo Stato l'opzione di scaricare senza oneri una parte di altri attivi in caso di ulteriore deterioramento.

Creod sia legittimo dubitare sulle possibilità di successo di una operazione di sistema, il cui unico effetto sarebbe con ogni probabilità quello di spostare una parte dei costi su azionisti e clienti delle banche partecipanti alla JV. 

Anche l'idea della "durata dichiaratamente limitata, senza però un limite temporale rigido" mi pare discutibile e foriera di notizie non buone per i pagatori di tasse. Per di più, l'ipotesi di "spezzatino" è stata finora fortemente avversata da politica e mondo sindacale; verosimilmente continuerebbe a esserlo.

In definitiva, la "soluzione italiana" rischierebbe di essere una non soluzione. Non sarebbe la prima volta, purtroppo.

 

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