Scorie - La partita di giro

"E' una partita di giro, se non di raggiro. Nel senso che se si aumentano
le tasse sui rendimenti dei titoli di Stato, per collocare i titoli di
Stato bisogna aumentarne i rendimenti, i clienti non sono mica scemi.
Quindi se il netto deve essere in qualche maniera inalterato, il lordo deve
essere più alto. Mi sembra talmente banale che non serve un economista per
spiegarlo. Quello che si prende con una mano, la tassazione, lo si deve
dare con l'altra nel senso che si deve promettere o dare un rendimento più
alto perché poi il cliente, il cittadino, l'acquirente italiano o straniero
che sia, guarda il netto non guarda tanto il lordo ovviamente, guarda il
rendimento netto. E' una partita di raggiro che spaventa i sottoscrittori,
spaventa le persone anziane."
(R. Brunetta)

Commentando le dichiarazioni (successivamente smentite da palazzo Chigi) di
domenica scorsa di Graziano del Rio, renziano doc e neo sottosegretario
alla presidenza del Consiglio, diversi esponenti politici, tra i quali
Renato Brunetta, hanno usato un'argomentazione sbagliata per avanzare una
critica condivisibile.

Del Rio aveva ipotizzato l'aumento della tassazione sui titoli di Stato e
per criticarlo si è tirata fuori la storia della partita di giro, ossia di
un aumento dei rendimenti lordi per non ridurre i rendimenti netti. Si
tratta di una stupidaggine, perché gli investitori "nettisti" (per lo più
coincidenti con le persone fisiche) non hanno alcuna incidenza nella
determinazione dei rendimenti in asta (e neppure sul mercato secondario)
dei titoli di Stato. A guidare la domanda sono gli investitori "lordisti",
banche in primis, per i quali i redditi di natura finanziaria concorrono a
determinare il reddito da assoggettare a tassazione ordinaria (per esempio
l'Ires). I privati "nettisti" detengono meno del 10% del debito pubblico, e
non contano praticamente nulla.

Per lo più sbagliato è anche il riferimento agli investitori esteri, perché
esistono numerosi accordi contro le doppie imposizioni in base ai quali le
tasse sono pagate seguendo le norme in vigore nei Paesi di residenza, così
come un italiano paga le aliquote in vigore in Italia se possiede, per
esempio, un Bund tedesco.

E d'altra parte il famoso (o famigerato) spread viene calcolato in base ai
rendimenti lordi e non riflette minimamente le differenti aliquote fiscali.

Se i nettisti, anziani o meno, siano "spaventati" da dichiarazioni come
quella (da dilettante, questo sì) di Del Rio non lo so; di sicuro
subirebbero una diminuzione del rendimento netto, e questo, più che
spavento, genera quello che eufemisticamente potrebbe essere definito
"alterazione negativa dell'umore" (volgarmente, ma più efficacemente:
"incazzatura").

Tra l'altro, se l'argomento della partita di giro fosse corretto, tanto
varrebbe esentare del tutto da tassazione i titoli di Stato. Ma questo
Brunetta non ha pensato di proporlo.

Personalmente credo che esistano altre argomentazioni per essere contrari
all'ipotesi (tutt'altro che irrealistica, peraltro, nonostante le smentite)
di un nuovo aumento della tassazione sui redditi di natura finanziaria (non
solo sui titoli di Stato): non è aumentando alcune tasse per abbassarne
altre che si diminuisce la pressione fiscale. Semplicemente si bastonano
diversamente i cosiddetti contribuenti. Per di più l'aumento delle aliquote
dovrebbe essere significativo se lo scopo è quello di finanziare un taglio
non irrisorio del cuneo fiscale; il semplice allineamento dell'aliquota al
20% su titoli di Stato e buoni postali porterebbe nella migliore delle
ipotesi 1.5 miliardi di maggior gettito. Non mi pare sarebbero sufficienti
per un taglio del cuneo fiscale "in doppia cifra", come va fanfaronando
Renzi.

Io resto dell'idea che sarebbe ora di passare dalle parole ai fatti in tema
di taglio della spesa pubblica, smettendola con mesi e mesi di studio,
gruppi di lavoro assortiti e produzione di rapporti ai quali puntualmente
non si dà seguito.

Il vero raggiro consiste nel continuare a parlare di riduzione della
pressione fiscale eludendo la necessità di tagliare (ben oltre le briciole)
la spesa pubblica.

     

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