Scorie - Il reddito minimo garantito

"Gli economisti hanno discusso da molto tempo i vantaggi e gli svantaggi di
un reddito minimo garantito. I vantaggi sono evidenti, almeno dal punto di
vista di chi lo riceve. Gli svantaggi sono due. Il primo è il costo… Il
secondo svantaggio è meno ovvio. Si tratta del cosiddetto "azzardo morale"…
La comunità deve essere sicura che chi riceve questo beneficio lo riceve
perché non ha altre risorse; si tratta di un trasferimento che deve essere
riservato ai casi di vero bisogno e non deve risolversi in un premio
all'indolenza."
(F. Galimberti)

Dopo aver (a mio parere maldestramente) tentato di giustificare le leggi
sul salario minimo, Fabrizio Galimberti affronta l'argomento del reddito
minimo garantito. "Fatto trenta, facciamo trentuno", avrà pensato. Per
quanto mi riguarda, una legge che istituisca un reddito minimo garantito è
ancor meno giustificabile di una che fissi un salario minimo.

Bontà sua, dopo aver liquidato in una riga i vantaggi, limitati a chi
riceve un reddito senza fare nulla, Galimberti mette in evidenza anche due
macroscopici svantaggi connessi al reddito minimo garantito. Il primo,
inevitabilmente è il costo.

Anche l'azzardo morale, ovviamente, è da tenere in considerazione, e
finisce per interagire con il problema del costo. Ammettendo di
giustificare un reddito minimo per i bisognosi da un punto di vista etico
(cosa che io non faccio se il costo deve essere imposto a tutti i non
bisognosi, anche contro la loro volontà), mi sembra una pia illusione la
ricerca della sicurezza che "chi riceve questo beneficio lo riceve perché
non ha altre risorse".

Io sono contrario al reddito minimo garantito concesso dallo Stato mediante
la redistribuzione del reddito tramite l'imposizione fiscale perché ritengo
inaccettabile la violazione della proprietà privata, ma il fatto è che solo
se il sostegno dato a una persona è frutto di una donazione volontaria il
problema dell'azzardo morale è risolto alla radice.

Se Tizio decide di aiutare volontariamente Caio, o di versare
volontariamente un contributo economico a Sempronio perché questi aiuti
Caio, il reale stato di necessità o l'eventuale indolenza di quest'ultimo
sono irrilevanti. Tizio potrebbe voler aiutare Caio a prescindere dal suo
reale stato di necessità, oppure potrebbe essere disposto a versare un
contributo a Sempronio a prescindere da come costui utilizzasse quel
denaro. Il fatto è che Tizio resterebbe sempre libero di decidere di
interrompere i versamenti, e né Caio, né Sempronio potrebbero imporgli di
continuare a contribuire. Questa circostanza, a mio parere eticamente
determinante, fornisce anche sia a Caio, sia a Sempronio, un incentivo a
non approfittare della benevolenza di Tizio.

Per contro, se Sempronio fosse lo Stato e obbligasse Tizio a versargli una
somma di denaro (in teoria da usare) per aiutare Caio, l'incentivo sarebbe
quello di spremere Tizio il più possibile. L'interesse prioritario di
Sempronio, infatti, non è quello di aiutare Caio in quanto bisognoso
(ancorché sostenga che sia proprio così), bensì quello di ottenere il voto
di Caio.

Ogni redistributore (socialista) conta sul fatto che le persone da
beneficiare siano più numerose (più voti) di quelle da spremere. Ma aveva
pienamente ragione Margaret Thatcher quando disse che "il problema del
socialismo è che, prima o poi, i soldi degli altri finiscono". Aggiungerei
che le cose si metterebbero male, prima o poi, anche se i soldi li si
continuasse a creare dal nulla, come propongono molti dei sostenitori della
tesi per cui un governo possa spendere e spandere senza problemi, tanto
basta stampare moneta, visto che, dal nulla, non si crea ricchezza reale.

In definitiva, a me pare del tutto indifendibile l'idea del reddito minimo
garantito. E poco importa se, come vanno ripetendo i fautori di un
provvedimento del genere, qualcosa di simile è previsto in diversi Paesi
europei. Andrebbe abolito anche da quelle parti, dove, pure, i numeri
dicono che di falsi bisognosi (sarebbe facile fare riferimento alle
pensioni di invalidità in Italia, per citare un solo esempio di uso
distorto del welfare) ne hanno meno di noi.

 

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