Scorie - Il contratto non ha colpe
"Alla base dell'organizzazione del capitalismo finanziario globale e della
libertà dei mercati è posto il contratto intriso da quelle naturali
ineliminabili asimmetrie che alimentano sempre più la forbice fra ricchi e
poveri."
(G. Rossi)
Periodicamente Guido Rossi dedica uno dei suoi sermoni domenicali
pubblicati sul giornale di Confindustria a lanciare strali contro il
contratto. Ovviamente ogni editore è libero di pubblicare ciò che ritiene
opportuno, ma un minimo di contraddittorio forse sarebbe utile.
Secondo il predicatore (rosso) Rossi, la forbice tra ricchi e poveri si
sarebbe ampliata perché "alla base dell'organizzazione del capitalismo
finanziario globale e della libertà dei mercati è posto il contratto". E il
contratto è "intriso" da "ineliminabili asimmetrie".
Ovviamente per Rossi e per chi la pensa come lui questo è un buon motivo
per giustificare l'intervento dello Stato, che dovrebbe eliminare o quanto
meno limitare le asimmetrie. Il tutto, evidentemente, in base alla
presunzione che il legislatore sia onnisciente (o qualcosa di simile),
riesca a individuare in anticipo e costantemente ciò che è meglio per tutti
e, in particolare, a tutelare i deboli. Oltre a essere scevro da ogni
conflitto di interessi.
Ognuno è libero di credere a questa visione idilliaca del legislatore e
dello Stato, ma si tratta di una pericolosa illusione (quando non di una
posizione intrisa di malafede). Il mondo descritto da Rossi è piuttosto
diverso da quello reale, nel quale i mercati considerati liberi sono invece
farciti di regolamentazione. La quale, come sempre, ha conseguenze
intenzionali e altre inintenzionali. A mio parere la presenza di queste
ultime non autorizza gli interventisti ad attribuire al contratto
responsabilità che non ha.
L'aumento della forbice tra ricchi e poveri sarebbe stato molto
probabilmente minore se le banche centrali non avessero inondato il mercato
di denaro creato dal nulla, favorendo i primi percettori di quei flussi e
redistribuendo a beneficio di costoro la ricchezza reale.
Ora, tutto si può dire, tranne che i banchieri centrali operino in base a
contratti e ai principi del libero mercato. Assomigliano, piuttosto, a quei
decisori centrali che tanto piacciono a Rossi. E il fatto che non siano
eletti democraticamente è una differenza più di forma che di sostanza.
In alcuni casi, nel corso della storia (anche recente), è stata
sperimentata la sostanziale soppressione del contratto. Basterebbe guardare
a quegli esempi per rendersi conto, al di là di ogni considerazione etica,
dei disastri che si sono verificati. Dubito che Rossi lo farà.
libertà dei mercati è posto il contratto intriso da quelle naturali
ineliminabili asimmetrie che alimentano sempre più la forbice fra ricchi e
poveri."
(G. Rossi)
Periodicamente Guido Rossi dedica uno dei suoi sermoni domenicali
pubblicati sul giornale di Confindustria a lanciare strali contro il
contratto. Ovviamente ogni editore è libero di pubblicare ciò che ritiene
opportuno, ma un minimo di contraddittorio forse sarebbe utile.
Secondo il predicatore (rosso) Rossi, la forbice tra ricchi e poveri si
sarebbe ampliata perché "alla base dell'organizzazione del capitalismo
finanziario globale e della libertà dei mercati è posto il contratto". E il
contratto è "intriso" da "ineliminabili asimmetrie".
Ovviamente per Rossi e per chi la pensa come lui questo è un buon motivo
per giustificare l'intervento dello Stato, che dovrebbe eliminare o quanto
meno limitare le asimmetrie. Il tutto, evidentemente, in base alla
presunzione che il legislatore sia onnisciente (o qualcosa di simile),
riesca a individuare in anticipo e costantemente ciò che è meglio per tutti
e, in particolare, a tutelare i deboli. Oltre a essere scevro da ogni
conflitto di interessi.
Ognuno è libero di credere a questa visione idilliaca del legislatore e
dello Stato, ma si tratta di una pericolosa illusione (quando non di una
posizione intrisa di malafede). Il mondo descritto da Rossi è piuttosto
diverso da quello reale, nel quale i mercati considerati liberi sono invece
farciti di regolamentazione. La quale, come sempre, ha conseguenze
intenzionali e altre inintenzionali. A mio parere la presenza di queste
ultime non autorizza gli interventisti ad attribuire al contratto
responsabilità che non ha.
L'aumento della forbice tra ricchi e poveri sarebbe stato molto
probabilmente minore se le banche centrali non avessero inondato il mercato
di denaro creato dal nulla, favorendo i primi percettori di quei flussi e
redistribuendo a beneficio di costoro la ricchezza reale.
Ora, tutto si può dire, tranne che i banchieri centrali operino in base a
contratti e ai principi del libero mercato. Assomigliano, piuttosto, a quei
decisori centrali che tanto piacciono a Rossi. E il fatto che non siano
eletti democraticamente è una differenza più di forma che di sostanza.
In alcuni casi, nel corso della storia (anche recente), è stata
sperimentata la sostanziale soppressione del contratto. Basterebbe guardare
a quegli esempi per rendersi conto, al di là di ogni considerazione etica,
dei disastri che si sono verificati. Dubito che Rossi lo farà.
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