Scorie - Non si potranno escludere quelle spese dalla realtà
L'amministrazione Trump chiede (intima?) ai Paesi NATO, soprattutto europei, di portare le spese militari al 5% del Pil, perchè gli Stati Uniti non intendono più farsi carico del grosso dei costi connessi alla sicurezza comune.
Si parte da livelli che spesso non arrivano al 40% di tale livello. Per la sola Italia si tratterebbe di spendere ogni anno l'equivalente di circa due attuali manovre di bilancio. Un obiettivo abbastanza irrealistico, anche non entrando nel merito del tipo di spesa.
A fronte della presa di posizione statunitense, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha riconosciuto che "l'Europa debba fare di più."
Aggiungendo poi la formula magica che in tanti, non da ultimo a sud delle Alpi, aspettavano da tempo, ossia che proporrà "di attivare la clausola di salvaguardia per gli investimenti nella difesa."
In altri termini, la famosa (famigerata) esclusione delle spese militari dal calcolo del deficit pubblico.
Che viene ahimè considerata come una sorta di pasto gratis, quando dovrebbe essere noto che non lo è affatto. Quelle risorse andranno comunque reperite, prevedibilmente a debito, il che finirà per pesare inevitabilmente sui pagatori di tasse in futuro. Anche nella meno probabile ipotesi di emissioni di debito comune, altro argomento che fa sbavare i tossici da deficit a sud delle Alpi.
E in effetti subito, sul quotidiano di Cnfindustria, Gustavo Piga rilancia, sostenendo che sia ora di "abbandonare le già vecchie regole e permettere ad ogni Stato membro di effettuare le spese necessarie alla propria ripresa, anche eventualmente in deficit. L'Italia, se lo vorrà, potrà scegliere investimenti pubblici diversi da quelli francesi, magari nella sanità, senza per questo indebolire la costruzione europea, e anzi rafforzandola, grazie ad un ritrovato consenso politico nelle basi elettorali di ogni singolo stato."
Basta che la Commissione europea controlli "non i deficit o i livelli di spesa ma la qualità di quest'ultima."
Ovviamente qualcuno, tra i più (stupidamente) keynesiani, si affretterà pure a proclamare che l'aumento di tutte le spese, a partire da quelle militari, si rifletterà sulla crescita del Pil, incorrendo nella classica fallacia della finestra rotta.
D'altronde, questa è una versione un po' più calata in un contesto terrestre della proposta che Paul Krugman fece di aumentare le spese per far fronte a un ipotetico (e immaginario) attacco alieno per uscire dalla recessione. E quello era pure stato vincitore di un premio Nobel per l'economia.
Che, più che scienza triste, è una scienza che fa sempre più tristezza.
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