Scorie - Il problema del valore attuale green
Quando si parla di transizione green, di solito si assiste a una guerra di numeri. Gli ecotalebani non riescono a negare l'evidenza, ossia che prima di avere benefici si sostengono oneri non alla portata di tutte le tasche. Tuttavia portano a sostegno delle loro tesi degli studi inevitabilmente fatti da organismi non super partes, che non credo sia il modo migliore per tacciare di partigianeria chi la pensa diversamente.
Secondo Mark Gongloff, uno degli ecotalebani che scrivono su Bloomberg Opinion, l'associazione dei costruttori statunitensi starebbe facendo lobby per contrastare nuovi codici delle costruzioni green, sostenendo che la maggior spesa sarebbe attorno ai 20mila dollari per casa di nuova costruzione. Cifra ritenuta eccessiva in base a studi federali. I quali, però, possono risentire dell'orientamento delle amministrazioni in carica.
In ogni caso, "case efficienti metterebbero soldi in tasca ai proprietari sotto forma di minori bollette energetiche e spese di manutenzione."
Non intendo entrare nella guerra dei numeri, non avendo le informazioni necessarie. C'è però un punto che dovrebbe essere chiaro. Per definizione, i maggiori costi, tanti o pochi che siano, si manifestano al momento della costruzione; i benefici si manifesteranno in un futuro più o meno lontano.
Questo comporta che il valore attuale dei benefici futuri tende a essere tanto più basso quanto più alto è il tasso di sconto. Chiaramente in un contesto di tassi molto bassi, come quello prevalente fino a un paio di anni fa, il valore attuale di flussi di cassa anche molto distanti nel tempo era poco inferiore al valore nominale. Oggi l'effetto attualizzazione è molto superiore, quindi il valore attuale è inferiore, a parità di altre condizioni.
Per di più, qualsiasi evento non certo dovrebbe essere scontato tenendo conto di un premio per la maggiore incertezza legata alla sua manifestazione futura. E, per quanto gli ecotalebani manifestino sicumera, non possono essere certi di quello che avverrà tra decenni.
Tutto questo corrobora l'impressione che il raffreddamento dell'entusiasmo per i business green sia almeno in parte spiegabile col fatto che si tratta di attività il cui valore attuale netto è positivo solo in un contesto di tassi di interesse molto bassi.
Potrebbe allora trattarsi di una sorta di green malinvestment, capaci di reggersi solo in un contesto di politica monetaria (ultra)espansiva.
D'altra parte, che si tratti di costruire case green o auto elettriche, la continua invocazione a concedere sussidi e finanziamenti a tassi inferiori a quelli di mercato, ovviamente a spese dei pagatori di tasse, non aiuta a contrastare questa ipotesi.
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