Scorie - Ennesima variante dello stesso schema redistributivo

Ho osservato già diverse volte in passato che in Italia sono numerose le persone che si esercitano nell'ideare meccanismi finanziari che promettono di risolvere senza sforzo, o alleviando di molto lo sforzo, i problemi di finanza pubblica nazionali o continentali.

Stefano Micossi (ri)propone ora l'idea di trasferire al MES i titoli di Stato accumulati dalla BCE nell'ambito del Quantitative easing, allo scopo di alleviare gli aggiustamenti necessari per rispettare le nuove regole del Patto di stabilità. Guarda caso l'Italia sarebbe tra i Paesi a dover fare gli aggiustamenti maggiori.

Micossi vorrebbe contrastare l'impatto deflattivo di tali aggiustamenti.

"In un'area integrata che cresce mediamente ben al di sotto del 2 per cento, questo impegno alla deflazione può ben valere mezzo punto percentuale di Pil all'anno per vari anni a venire – una cosa senza senso economico che minaccia la stessa sostenibilità del processo di integrazione. Un prezzo elevato che l'Unione europea paga alla sfiducia generata tra i Paesi membri dall'elevato indebitamento pubblico di alcuni Paesi, prima tra tutti per la sua dimensione l'Italia. Sfiducia che si può vincere, se l'impegno a mantenere politiche di bilancio stabili – che il nuovo governo italiano sembra aver assunto in continuità con il governo Draghi – sarà confermato e reso irreversibile."

Ora, mi pare appena il caso di sottolineare che in politica non c'è nulla di irreversibile, men che meno gli impegni a una condotta decente della finanza pubblica.

E quindi ecco la sua proposta che "prevede di intervenire sui debiti governativi detenuti dalla Bce a seguito delle politiche di acquisto varate nel passato decennio per contrastare i rischi di deflazione, togliendoli di fatto dal mercato e trasferendoli al Mes. Il Mes emetterebbe sue obbligazioni per acquistare quei titoli a prezzo di mercato dalla Bce lungo un arco di tempo (almeno) decennale, per poi gestirne ordinatamente il rinnovo man mano che essi giungono a scadenza. Il ricorso allo schema sarebbe vincolato al mantenimento di politiche finanziarie stabili da parte dei Paesi membri. Le passività del Mes diventerebbero il titolo "sicuro" dell'Unione monetaria, dunque, la base indispensabile per costruire un mercato monetario e finanziario dell'euro aperto alle banche e agli investitori internazionali, come avviene per i titoli del tesoro americano sul mercato del dollaro. Il trasferimento al Mes aprirebbe spazi di bilancio corrispondenti ai Paesi membri, dato che quel debito non dovrebbe più essere restituito, pur restandone essi responsabili. La dimensione dell'operazione di sostituzione potrebbe salire nel tempo almeno fino a quel mezzo punto percentuale del Pil che rappresenta la sciagurata ipoteca sul futuro dell'Europa del nuovo Patto di stabilità, ma in effetti anche di più (fino al 2.5% del Pil?) – facendo del Mes l'agenzia europea di gestione del debito pubblico. Un effetto positivo non secondario di questo schema sarebbe quello di eliminare l'area di contatto troppo stretta, negli interventi della Bce, tra politica monetaria e le politiche fiscali dei Paesi membri– area di contatto resa esplicita dal nuovo meccanismo di stabilizzazione dei mercati dei titoli governativi di Paesi ad alto debito, che la Bce ha dovuto introdurre (nel luglio del 2022) quando la sua politica monetaria è divenuta restrittiva."

Supponiamo di procedere come indicato da Micossi. 

In primo luogo, la BCE potrebbe riportare perdite vendendo a prezzi di mercato dei titoli acquistati quando i tassi di interesse erano (per effetto delle sue stesse politiche) molto più bassi di oggi. Questo comporterebbe, come minimo, un mancato introito per le banche centrali nazionali e, indirettamente, per gli Stati. Il che equivarrebbe, a parità di altre condizioni, a maggiore deficit. Cosa che peraltro in parte già avviene perché il margine di interesse della BCE è, oggi, negativo.

In secondo luogo, da dove verrebbe il denaro necessario a sottoscrivere le obbligazioni emesse dal MES per pagare la BCE? In assenza di monetizzazione indiretta, andrebbero in concorrenza con i titoli del Tesori nazionali, il che mi lascia supporre che non sarebbe quella la via prescelta. Il che finirebbe per distanziare solo formalmente la politica monetaria da quella fiscale, Altrimenti non ci sarebbero reali "spazi di bilancio corrispondenti ai Paesi membri".

Restarebbe poi il fatto che per Paesi che hanno un costo di emissione superiore a quello del MES, la proposta sarebbe teoricamente conveniente. Non certo per gli altri. Quindi, in ultima analisi, si arriva sempre a un tenetativo di redistribuzione tra Stati, che la Germania e i suoi satelliti respingono, mentre l'Italia continua (anche con proposte come questa) ad avanzare.

Nulla di nuovo, quindi. In fin dei conti, può cambiare la forma, ma la sostanza è sempre più o meno la stessa.

 


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