Scorie - Il (nuovo) fronte socialista himalayano

Chi mi conosce sa che la mia passione per la montagna mi ha fatto innamorare del Nepal ormai oltre venti anni fa. Quindi seguo con una certa costanza le vicende di quel paradiso himalayano, che era e resta uno dei Paesi più poveri al mondo, incastonato tra i giganti India e Cina, di cui subisce (ormai soprattutto da parte della Cina) pesanti condizionamenti.

Da quando nel 2008 è diventato una Repubblica, dopo un ventennio di guerriglia civile di ispirazione maoista, il Nepal è sempre stato governato da uno o più partiti di matrice comunista. I risultati, come altrove, non sono positivi, anche se non c'è una dittatura.

Il peso dello Stato, sommando entrate e uscite in rapporto al Pil, è raddoppiato passando dal 25 al 50 per cento, pur restando a livelli ben inferiori a quelli del Vecchio continente.

Ma il fatto è che la qualità dei servizi pubblici non è affatto raddoppiata. In sostanza i nepalesi devono continuare ad arrangiarsi, ma lo Stato costa loro il doppio di prima. Difficile, anche per un non libertario, non vedere l'assurdità di tutto ciò.

I bilanci previsionali sono costruiti individuando coperture di fantasia (tali da far sembrare teutonici certi documenti di economia e finanza italiani): a pochi giurni dalla chiusura dell'anno fiscale, prevista il 30 giugno, le entrate effettive ammontano a poco meno del 60% di quelle preventivate.

Finire per essere sempre più dipendenti dalla Cina (non il creditore migliore con cui negoziare in caso di difficoltà) è pressoché inevitabile.

Ciò nonostante si è appena costituito un nuovo fronte socialista, con l'obiettivo di realizzare il socialismo con caratteristiche nepalesi (evidente l'imitazione dei cinesi) i cui protagonisti sono sostanzialmente gli stessi che si sono avvicendati al governo negli ultimi tre lustri. Giusto per confermare che non c'è mai limite al peggio.

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