Scorie - Comunque ci si provi, il futuro è imprevedibile

Come è noto, le principali banche centrali hanno pesantemente sottostimato, nelle previsioni del 2021 e soprattutto 2022, il futuro andamento dei prezzi al consumo. Ne è conseguita una politica monetaria rimasta espansiva troppo a lungo, anche secondo i canoni mainstream, con successivo inasprimento delle condizioni monetarie che ha generato non pochi problemi a una moltitudine di soggetti assuefatti ad anni e anni di doping monetario, al tempo stesso non riuscendo, finora, a riportare la crescita dei prezzi al livello target del 2% annuo.

Anche se ciò dovesse avvenire nel prossimo biennio, nel frattempo la perdita di potere d'acquisto cumulata sarà pressoché irrecuperabile per tutti coloro che non beneficiano di meccanismo di indicizzazione dei redditi.

Qualche difensore estremo delle banche centrali ha ricordato che dall'inizio del 1999, quando nacque l'euro, a oggi, l'indice dei prezzi al consumo nell'eurozona è aumentato a un tasso medio composto annuo del 2,05%, quindi la BCE avrebbe fatto un buon lavoro. Il problema è che fino al 2020 il tasso medio era stato dell'1,54%, mentre dopo è stato attorno al 7,1%. E mentre prima non erano certo i conasumatori a lamentarsi dello "spettro della deflazione", questi stessi consumatori ora subiscono i danni principali.

Secondo alcuni commentatori, andrebbero rivisti i metodi con cui fare le previsioni. Scrive, per esempio, Maria Demertzis di Bruegel:

"Il problema non è che la Bce abbia sbagliato a prevedere il futuro. Con un'incertezza così elevata, è improbabile che qualcuno possa prevedere con precisione il futuro anche con un anno di anticipo. Tuttavia, la Bce ha posto, e continua a porre, troppa enfasi sul passato per capire il futuro. Ciò si evince dall'enfasi posta dalla Bce sulla dipendenza dai dati."

Aggiunge poi:

"La politica monetaria opera con un lungo scarto temporale di quasi due anni. Le informazioni che riceviamo oggi ci spiegano soltanto come alcune delle politiche applicate due anni fa si siano trasmesse nell'economia. Tali informazioni non ci dicono cosa accadrà in seguito o come progettare oggi le politiche per il futuro. E quanto maggiore è il livello di incertezza, tanto meno il passato – con i relativi dati – è un buon predittore del futuro."

Demertzis evidenzia poi che le politiche fiscali espansive e i probabili impatti dell'invasione russa in Ucraina avrebbero dovuto essere tenute in maggiore considerazione da parte della BCE.

Adesso, avendo "iniziato troppo tardi ad aumentare i tassi, è probabile che la Bce non si fermi finché non vedrà una riduzione dell'inflazione e sta per commettere lo stesso errore e uscire in ritardo, e a quel punto la ripresa sarà già compromessa. Misurare il successo in base a quanto ci si è preparati per il passato è uno standard inadeguato a cui attenersi. Una politica capace di reagire all'incertezza non cerca di prevedere il futuro, ma mira ad applicare politiche che raggiungano risultati soddisfacenti per il più ampio spettro di possibilità."

A mio parere il problema dell'imprevedibilità del futuro non è comunque risolvibile, altrimenti non avrebbe senso il concetto di incertezza. Un margine più o meno consistente di errore è quindi inevitabile, sia che ci si basi su modelli econometrici che inevitabilmente guardano al passato, sia che si cerchi di "applicare politiche che raggiungano risultati soddisfacenti per il più ampio spettro di possibilità", dato che anche in questo caso occorre stimare cosa succederebbe al verificarsi di determinate condizioni.

Evitare in primo luogo di intervenire avrebbe molto più senso.

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