Scorie - Vivere o non poter morire?

Spiegando le ragioni che hanno spinto la Corte costituzionale a respigere il quesito referendario che mirava a rendere possibile ottenere l'aiuto di terzi per porre fine alla propria vita, il neo presidente Giuliano Amato ha affermato che li ha feriti "leggere che chi ha deciso non conosce la sofferenza. Peccato che il referendum non fosse sull'eutanasia, ma sulla disciplina penale dell'omicidio del consenziente."

Premettendo che non sono un giurista, devo dire che non riesco a capire quale sia, nella sostanza, la differenza tra eutanasia e omicidio del consenziente. Nel senso che senza l'intervento di un terzo si tratterebbe di suicidio. Ma l'intervento del terzo è necessario proprio per via dell'impossibilità del diretto interessato di porre autonomamente fine a un'esistenza che ritiene di non voler più proseguire.

Che sia necessario che si tratti di una decisione assunta da una persona capace di intendere e di volere è ineccepibile, ma il problema oggi è proprio che persone capaci di intendere e di volere che sono impossibilitate per via delle loro condizioni fisiche a porre fine autonomamente a una vita che ritengono di non voler più proseguire non possono ottenere l'aiuto da parte di terzi senza che questi siano imputati per il reato di omicidio.

Nella sostanza, l'impedimento fisico conduce a una implicita dichiarazione di incapacità di intendere e di volere. In ultima analisi, lo Stato si intesta la proprietà della vita di una persona. 

Ognuno può essere contrario, per motivazioni etiche, all'eutanasia, ma credo che ciò non dovrebbe impedire ad altri di essere favorevoli e di poter disporre la fine della propria vita. E il rimpallo tra Corte costituzionale e Parlamento è deprimente. Nulla di sorprendente, peraltro.


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