Scorie - L'irrilevanza della velocità

Per anni le banche centrali hanno inondato il mercato di base monetaria, emessa per pagare gli acquisti di massicce quantità di titoli di Stato (e non solo). Ciò ha causato uno schiacciamento dei tassi di interesse e dei premi per il rischio, distorcendo al rialzo le valutazioni di diversi asset reali e finanziari.

Gli indici dei prezzi al consumo, però, mantenevano un andamento di crescita moderata, per cui gli economisti mainstream dicevano che non c'era inflazione. Anzi, le politiche monetarie ultraespansive dovevano continuare per scongiurare la deflazione.

Adesso che anche i prezzi al consumo crescono a ritmi che non si vedevano da decenni (nonostante le revisioni nel frattempo intervenute nei panieri di beni oggetto di misurazione e i loro effetti deflattivi) e che il mantra del 2021, ossia la transitorietà del fenomeno, non è più spendibile (dopo tutto, anche la spudoratezza forse ha un limite), le banche centrali stanno, seppur timidamente, iniziando a prospettare una "normalizzazione".

Il precedente tentativo, peraltro modesto in termini quantitativi, fu interrotto perché nel frattempo si verificò la reazione tipica di quando si riduce la somministrazione di una sostanza dopante: i mercati finanziari iniziarono ad afflosciarsi e l'economia reale a rallentare vistosamente.

Se si considera che il bilancio della Fed è aumentato di 4mila miliardi di dollari negli ultimi due anni, raggiungendo quasi 9mila miliardi, e che la precedente "normalizzazione" fu interrotta e invertita dopo una riduzione di XXX miliardi, ci si può rendere conto di quanto precaria possa essere la situazione e della portata dell'implosione finanziaria nel caso in cui veramente ci fosse una riduzione consistente degli stimoli monetari.

Anche in questo momento c'è peraltro chi ritiene che il problema sia dovuto alla dislocazione dell'offerta per via delle restrizioni e ai lockdown, quindi il problema si risolverà con la riapertura completa delle economie. Non che questo sia ininfluente, ma non consente di scartare la spiegazione monetaria, che rimane fondamentale.

Viene tirata in ballo la velocità di circolazione della moneta, per spiegare come il problema non sia monetario, Per esempio, Pasquale Diana di AcomeA dice che "la relazione tra le masse monetarie e l'inflazione è piuttosto tenue. Spesso si fa riferimento all'identità M*V = P*Y. Ma proprio perché la velocità di circolazione non è stabile, qualsiasi tentativo di preverede l'inflazione usando li dinamiche di M2 non avrebbe portato a buoni risultati negli ultimi tempi."

Prima che il significato del termine inflazione fosse modificato per identificarlo con una sua conseguenza, l'aumento della massa monetaria era inflazione. La relazione quindi non solo non era tenue, ma vi era identià.

Quanto all'equazione degli scambi, ritengo ancora attuali le critiche mosse da Mises prima e da Rothbard poi. Quest'ultimo, in "Man, Econony and State", demolisce il concetto stesso di velocità di circolazione della moneta.

Nell'equazione degli scambi, Y, ossia il Pil reale, è utilizzato come approssimazione del numero di transazioni in un determinato periodo, per esempio un anno. Quindi la moneta (M) moltiplicata per la velocità di circolazione della stessa (V) equivale al Pil nominale (P*Y).

Il fatto è che, come evidenzia Rothnard, "è assurdo dare a qualsiasi grandezza un posto in un'equazione a meno che non possa essere definita indipendentemente dagli altri termini nell'equazione". 

La V, infatti, non è definita indipendentemente, ma è sempre rappresentata come V = P*Y/M. Ne conseque che l'equazione degli scambi può essere riscritta come M*(P*Y)/M = P*Y. Il chè porta a un del tutto inutile truismo P*Y = P*Y.

Di fatto, non avendo V una sua definizione indipendente dagli altri termini dell'equazione, il suo contenuto informativo è nullo. Per di più, la moneta è un mezzo di scambio, ma non aumenta la ricchezza reale. Può gonfiare i termini nominali, processo nel quale mette peraltro in moto una redistribuzione, secondo il noto effetto Cantillon.

Cercare di spiegare le dinamiche inflattive guardando alla velocità di circolazione della moneta è quindi un esercizio inutile e purtroppo anche fuorviante.

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