Scorie - Anima, cacciavite e sanguisughe

Il Sole 24 Ore ha riportato alcuni passaggi dell'ultima fatica letteraria di Enrico Letta, "Anima e cacciavite". Scrive Letta:

"La verità è che per decenni siamo stati abituati a vedere l'Europa come una questione a sé, la cornice tutt'al più, non certo il centro del sistema e il cuore di ogni azione di governo della cosa pubblica. Per superare le perplessità di chi mi ascolta mi servo da qualche tempo del paradigma delle tre «S»: l'Europa della solidarietà, l'Europa della sostenibilità, l'Europa sociale, o meglio della giustizia sociale. Tre sfide e aspirazioni insieme che dovrebbero accomunare tutti gli Stati membri, a partire da quelli, come l'Italia, che per responsabilità proprie o per cause esterne vivono oggi uno stato di maggiore vulnerabilità. La prima sfida è legata a Next Generation Eu: dobbiamo rendere questa iniziativa permanente. La seconda: la sostituzione del vecchio Patto di stabilità con un Patto di sostenibilità in linea con la nuova strategia di Next Generation Eu. La terza: la creazione, o meglio la ri-creazione, dell'Europa sociale, con azioni concrete per tradurre in realtà i princìpi del Pilastro europeo dei diritti sociali."

Si potrebbero avere obiezioni in merito alle tre S lettiane. Io, per esempio, ne ho parecchie. In questa sede, tuttavia, mi limiterò a osservare che comprenderei lo scetticismo di chi sta a nord delle Alpi nel leggere i desiderata di Letta.

A onor del vero, si tratta poi dei nuovi mantra che vanno per la maggiore in Italia, ossia rendere permanente il Next Generation Eu ipotizzando una tassazione su base europea, ma aggiungendo poi la parola magica "solidarietà", che è quella preferita dai consumatori di tasse e da chi vorrebbe esserlo. 

Quanto alla mutazione del Patto di stabilità in Patto di sostenibilità, il conte Raffaello Mascetti non avrebbe saputo coniare una formula migliore (data la provenienza della proposta, suppongo che lo scappellamento sia a sinistra).

Letta, però, ci tiene a precisare che la "solidarietà che non va confusa con la beneficenza, poiché rafforzare le economie europee, a partire da quelle più colpite, è precondizione per un mercato unico forte da cui tutti i Paesi dipendono per la loro prosperità. Con Next Generation Eu, infatti, anche gli Stati che riceveranno minori risorse godranno dell'effetto moltiplicatore messo in moto dagli investimenti pubblici negli altri Paesi."

In pratica, Letta vorrebbe convincere gli avventori delle birrerie olandesi o tedesche che mandare denaro a sud delle Alpi sia un affarone, perché quel denaro sarà investito in modo talmente oculato che ci sarà una moltiplicazione (il keynesismo è come il prezzemolo, in questi casi) che porterà benefici ovunque, anche a chi paga il conto iniziale.

Quanto alla tassazione a livello europeo, secondo Letta "uno degli elementi che più ostacola la formazione di un bilancio adeguato alle dimensioni e alle esigenze dell'Ue è il fatto che circa l'80% delle risorse provenga da contributi dei singoli Stati. È un aspetto che rende politicamente complicata la questione, specie nei Paesi che più contribuiscono, e che fa sì che prevalga una logica che punta a massimizzare ciò che si riesce a ricevere, minimizzando quanto si dà. È, soprattutto, un approccio ottuso poiché non solo sacrifica l'interesse generale per quelli particolari, ma fa anche perdere di vista una verità innegabile e per molti difficile da digerire: il valore reale di appartenere all'Ue non è il saldo contabile che ogni Paese ha rispetto al budget Ue, ma è l'appartenenza a un mercato unico ad alto potenziale di crescita."

Sempre secondo Letta, in "parole semplici, vorremmo non vedere più le immagini di un capo di governo, come il premier olandese Mark Rutte, intento a rassicurare chi gli chiede di «non dare soldi agli italiani»."

Non credo che dare dell'ottuso a chi chiede semplicemente di non dovere pagare le spese altrui sia una argomentazione destinata ad avere successo. Ciò premesso, in ultima analisi a pagare le tasse sono sempre cittadini e imprese. Se la suddivisione tra pagatori e consumatori di tasse passa dal livello nazionale a quello sovranazionale, può risultare più difficile per chi è pagatore netto capire dove finiscono i soldi, ma lo schema, nella sostanza, non cambia.

Per di più, dubito che il "patto per Napoli", ideona partorita da PD, Leu e M5S per togliere la città partenopea dallo stato di insolvenza (nel quale, di fatto, si trova da anni) spostando il conto a carico dei pagatori di tasse a livello nazionale sia un buon biglietto da visita per vincere lo scetticismo di Rutte e connazionali.

A dire il vero, quel provvedimento ripropone a livello italiano uno schema che a nord delle Alpi non vorrebbero diventasse di routine a livello europeo. Ossia dapprima certi enti locali accumulano troppi debiti, salvo poi scaricare gli oneri sui pagatori di tasse di tutta Italia. Dettaglio non da poco, nel programma della coalizione sinistrorsa ci sarebbe anche l'incremento delle assunzioni di personale al comune di Napoli. Giusto per contenere le spese future.

Andrebbe aggiunta la quarta S: quella delle sanguisughe. 


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