Scorie - Una (pessima) idea di Paese
Come ho notato di recente, l'emergenza sanitaria, oltre alla morte di diverse migliaia di persone, ha una conseguenza che temo sia più duratura: un aumento del tasso di statalismo, che peraltro in Italia era già piuttosto elevato.
Ecco, per esempio, gli auspici di Maurizio Landini della Cgil:
"Come Cgil abbiamo proposto già da qualche anno una agenzia nazionale per lo sviluppo. Servirebbe a indirizzare la grande massa di investimenti che saranno necessari, dalla sanità pubblica al sistema della mobilità e delle infrastrutture, fino alla cultura alla conoscenza e al turismo. Serve un'idea di Paese."
Va riconosciuto a Landini che queste stesse cose lui le dice pressoché ininterrottamente da anni. L'idea sottostante è quella cara a tutti coloro che sono cresciuti a pane e socialismo, per i quali se piove serve più Stato; se non piove serve più Stato; se c'è recessione serve più Stato; se le cose non vanno male serve più Stato per farle andare meglio.
Non deve essere l'insieme degli scambi volontari a dare forma all'economia, bensì la pianificazione da parte dello Stato, ovviamente d'intesa con i sindacati dei lavoratori e (per gentile concessione consociativa) anche quelli delle imprese.
Questa è la "idea di Paese". In base alla quale se qualcosa non funziona, vuol dire che lo Stato non spende abbastanza. E pazienza se si parla di austerità e tagli a fronte di un andamento comunque crescente della spesa pubblica. I numeri possono ben essere sacrificati sull'altare della "idea di Paese" ed è noto che a sud delle Alpi i numeri sono spesso considerati opinabili, come se 2+2 potesse essere uguale a 3, 4, o un qualsiasi altro risultato in funzione della "idea di Paese".
Avanti con la cultura di Stato, il turismo di Stato e chi più ne ha più ne metta. E pazienza se la storia si è incaricata di mostrare che quel sistema è liberticida e, per di più, fallimentare.
Evidentemente non si era fatto abbastanza.
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