Scorie - Quale austerità?

In questi giorni di emergenza da Covid-19, i fautori della spesa in deficit come via alla prosperità hanno accolto con soddisfazione la sospensione del Patto di stabilità da parte della Commissione europea. A loro giudizio questo dimostra che era sbagliato tentare di tenere in ordine i conti pubblici anche prima. 

Ovviamente adesso rilanciano con ipotesi di interventi per migliaia di miliardi di euro da monetizzare più o meno integralmente, come se ciò consentisse di produrre ricchezza reale e non consistesse, in realtà, solo di redistribuire l'esistente e non ancora consumato/deteriorato.

Altrettanto ovviamente, rincarano la retorica contro l'austerità che avrebbe caratterizzato l'ultimo decennio. Per esempio, ecco le parole di Annamaria Furlan, segretario generale della Cisl:

"Oltre che sospenderlo, il Patto di stabilità va rivisto in profondità, il governo italiano deve intestarsi una proposta di cambiamento profondo. Abbiamo visto che cosa ha comportato il Patto di stabilità, in termini di tagli ai servizi pubblici, alla sanità pubblica, se abbiamo una percentuale di medici e infermieri per abitanti inferiore alla Germania, o alla Francia è per le misure di Austerity."

Credere di poter avere un sistema sanitario in grado di affrontare senza neppure andare in affanno una pandemia come quella in corso è, a mio parere, illusorio. E' come se si volesse avere un motore che funzionasse sempre al massimo dei giri senza rompersi.

Ciò detto, la spesa sanitaria in Italia è diminuita di qualche decimale in rapporto al Pil, ma è costantemente aumentata in termini nominali.

Considerando che la spesa pubblica complessiva è pari a 48 punti di Pil, non si direbbe che sia tutto sommato bassa. Anzi. E' un fatto, però, che poi la priorità sia stata data a provvedimenti di spesa dal più consistente ritorno in termini elettorali in tempi ordinari.

Questo, a prescindere dall'idea che uno ha della spesa pubblica (e dell'inevitabile tassazione), non è stato imposto dalla Commissione europea o dal Patto di stabilità. Sarebbe bene ricordarlo prima di riempirsi la bocca di piani Marshall e robe del genere.

 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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