Scorie - Spending review (1/2)

"Abbiamo ridotto capitoli di spesa per un ammontare complessivo di oltre 25 miliardi nel 2016 (si veda la tabella in basso), che assieme a misure contro l'evasione hanno consentito nel 2016 una riduzione delle tasse che vale 28,7 miliardi dei quali quasi il 90% riguardano lavoro e produzione. A scanso di equivoci, questa cifra non comprende le decine di miliardi di clausole di salvaguardia, cioè la minaccia di tasse in più, che siamo riusciti a disinnescare. Grazie alla revisione della spesa e alla lotta all'evasione siamo riusciti nello stesso periodo anche a ridurre il deficit da 3% a 2,4%, il livello più basso da nove anni. Infine, per la prima volta dopo 9 anni il rapporto tra il debito pubblico e il Pil comincerà nel 2016 a scendere. Abbiamo spostato risorse da attività rivolte alla pubblica amministrazione stessa verso servizi aggiuntivi ai cittadini. Abbiamo ridotto la spesa per i servizi generali di circa 4,5 miliardi, investendo 3 miliardi nella scuola, oltre un miliardo nell'ordine pubblico e nella sicurezza, e un miliardo nella sanità."
(Y. Gutgeld)

Yoram Gutgeld torna a difendere la spending review operata in due anni dal governo Renzi, di fronte alle perplessità avanzate da più parti. Lo fa cercando di portare numeri a sostegno di un punto di vista sostanzialmente politico; il che è meglio di niente, ma, come è tipico in questi casi, comporta una lettura parziale e distorta dei numeri stessi.

Innanzi tutto quelli che il governo (non solo questo, a onor del vero) definisce tagli di spesa non sono, se non raramente, riduzioni di spesa nell'anno T rispetto all'anno T-1, bensì riduzioni dell'incremento che ci sarebbe stato nell'anno T rispetto all'anno T-1. Alla fine la spesa aumenta, anche se meno di quanto previsto in precedenza.

E' un po' come quando Renzi ha sostenuto di aver tagliato Iva e accise (lo fece anche il suo predecessore Enrico "stai sereno" Letta, peraltro) avendo in realtà solo rimandato le cosiddette clausole di salvaguardia, in base alle quali ci sarebbero stati aumenti automatici impostati in leggi di stabilità precedenti qualora nel frattempo non fossero state trovate adeguate coperture, magari mediante tagli di spesa pubblica. Questa volta, bontà sua, Gutgeld non spaccia il momentaneo disinnesco delle clausole di salvaguardia come riduzione di tasse.

Quanto alla riduzione del deficit, anche qui è bene precisare che la riduzione sarebbe stata superiore se Renzi non avesse invocato la "flessibilità" facendo un punto di deficit su Pil in più del previsto. Ovviamente "per favorire crescita e occupazione".

Venendo al capitolo del debito, Gutgeld ripete quanto vanno sostenendo da tempo Padoan e Renzi, ossia che nel 2016 il rapporto con il Pil inizierà a scendere. Peccato che ciò sarebbe possibile solo con una crescita nominale del Pil che, stando alle previsioni del governo, appare un po' troppo ottimistica. Il rischio concreto è che il numeratore aumenti più del previsto, e il denominatore non aumenti quanto previsto dal governo. Risultato, il rapporto difficilmente scenderà.

Ma la cosa che dovrebbe preoccupare di più chi vorrebbe vedere scendere la spesa pubblica è l'affermazione di Gutgeld "Abbiamo ridotto la spesa per i servizi generali di circa 4,5 miliardi, investendo 3 miliardi nella scuola, oltre un miliardo nell'ordine pubblico e nella sicurezza, e un miliardo nella sanità".

In pratica, si sono tagliati alcuni capitoli di spesa per aumentarne altri, ovviamente migliorando i servizi ai cittadini, secondo il punto di vista governativo. Il fatto è che la qualità della spesa, ancorché ci siano casi di sprechi che con ogni probabilità sarebbero unanimemente considerati peggiori di altri, è in qualche misura soggettiva, mentre la quantità è oggettiva.

E il dato ti fatto è che la spesa pubblica complessiva assorbe circa la metà del Pil. Una delle argomentazioni ricorrenti da parte del governo è che su certe voci l'Italia spende meno di altri Paesi europei in rapporto ai rispettivi Pil. Il fatto è che in altre voci l'Italia spende molto di più, e soprattutto che, pur soprassedendo sulla desiderabilità (per me pari a zero) della spesa pubblica, bisogna fare i conti non già con quanto spendono gli altri, bensì con quanto ci si può permettere di spendere.

Un concetto, quest'ultimo, su cui si soffermava spesso il precedente commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, non a caso cortesemente rispedito da Renzi a Washington.


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