Scorie - Il vero rischio dell'abolizione del contante

"Secondo le nostre stime il 60% del denaro è fuori dal controllo della banca centrale, a causa del mercato in nero e delle attività di riciclaggio. Ci sono così tanti pericoli e svantaggi associati al contante, che abbiamo proposto di abolirlo definitivamente."
(T. Bentestuen)

Trond Bentestuen, dirigente di una primaria banca norvegese, auspica un provvedimento governativo per abolire definitivamente l'utilizzo del contante.

Pare che in Norvegia il contante sia già da tempo scarsamente utilizzato. Ma c'è una enorme differenza tra l'utilizzo volontario del denaro elettronico e una sua eventuale imposizione legislativa.

Solitamente le principali giustificazioni addotte per invocare (o imporre) limiti all'utilizzo del contante sono quella che fa riferimento al riciclaggio e quella che fa riferimento ai costi della gestione fisica del contante.

La prima è evidentemente un pretesto, dato che una qualche forma di pagamento l'economia criminale la troverebbe (e già oggi la utilizza) anche se non esistesse più il denaro contante. La seconda ha un qualche fondamento, per quanto debole, perché evidentemente maneggiare banconote comporta costi logistici e di servizi di sicurezza.

In linea di massima se si applicasse il semplice buon senso nulla dovrebbe vietare a una banca di stabilire che non accetta l'utilizzo del contante. I clienti potrebbero scegliere se adeguarsi oppure trasferire il loro denaro presso una banca che non imponga tale restrizione.

Ma è comprensibile che una banca, temendo di perdere raccolta, preferisca che il divieto all'utilizzo del contante sia stabilito per tutti dallo Stato.

Alcuni ritengono che le banche siano favorevoli all'abolizione del contante perché questo neutralizzerebbe il rischio di corsa agli sportelli. Ma la sola abolizione del contante non sarebbe di per sé sufficiente a neutralizzare una perdita (anche letale) di depositi nella singola banca, perché sarebbe sufficiente disporre un bonifico verso altre banche.

Lo stesso, in un certo senso vale anche a livello di sistema bancario di un determinato Paese, dato che un depositante potrebbe bonificare il proprio denaro su un conto aperto in una banca estera. Per limitare il rischio di crisi sistemica di liquidità sarebbe quindi necessario che lo Stato, oltre ad abolire il contante, imponesse anche limiti ai movimenti di capitale, come fatto l'estate scorsa dal governo greco (per restare a un caso recente).

Quindi l'abolizione del contante aiuterebbe certamente le banche riducendone i costi e limitando in qualche misura il rischio di fuga dei depositi, ma ciò che va realmente temuto, a mio parere, è l'impossibilità di difendere la proprietà nei confronti dello Stato.

Se non è possibile prelevare denaro contante e custodirlo, per esempio, in una cassaforte, lo Stato può imporre qualsiasi balzello, in qualsiasi momento. A quel punto, di fatto, la proprietà del depositante diventa il complemento a uno di quanto pretende lo Stato per sé. E da questo nessuno potrebbe difendersi neppure detenendo il denaro all'estero, fatta eccezione per i sempre meno paradisi fiscali rimasti.

Ovviamente è possibile limitare al massimo il denaro depositato e trasformare il resto in beni reali (quelli finanziari, a loro volta depositati presso qualche intermediario, sono comunque aggredibili dal fisco). In attesa che si sviluppino mezzi di pagamento alternativi utilizzati in modo sufficientemente diffuso.

In conclusione, è comprensibile il timore di molti che l'abolizione del contante renda più agevole il bail-in, ma il pericolo più consistente è quello di vedere svuotato il diritto di proprietà sul denaro da parte dello Stato.


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