Scorie - Il censore empirista
"Molte delle scuole di pensiero alternative appoggiate dalla Post-Crash Economic Society – per essere brutalmente onesti – non meritano di essere insegnate nelle aule. Alcune, come le scuole Austriaca e Marxista, sono collezioni di idee prive di metodologie per testarle. A differenza dell'economia mainstream, non sono quantitative. A differenza della sociologia o dell'antropologia, non hanno procedure per la ricerca sul campo di dati qualitativi. E a differenza della psicologia non possono essere testate in laboratorio. In realtà, queste scuole di pensiero alternative non sono per nulla scienze sociali, bensì più simili alla teoria critica insegnata nei dipartimenti di letteratura."
(N. Smith)
Noah Smith ritiene che la richiesta da parte di associazioni di studenti tese ad ampliare il numero di teorie economiche insegnate nelle università sia fuori luogo. Va detto che Smith è uno di quegli economisti che preferiscono partire dai numeri per elaborare una teoria, invece che basare la teoria a partire da assiomi autoevidenti inerenti l'azione umana e usare poi i numeri come complemento.
Questo spiega la sua avversione, tra le altre, per la scuola Austriaca, della quale, peraltro, ho la sensazione che le sue conoscenze si limitino a ciò che legge in blog a loro volta critici nei confronti della teoria austriaca. Non credo si spiegherebbero altrimenti le sue affermazioni, del tutto prive di supporti concreti. Affermazioni che, più che "brutalmente oneste", mi sembrano brutalmente dettate da un pregiudizio.
Posto che se leggesse pubblicazioni di economisti della scuola austriaca troverebbe anche dei dati numerici, resta il fatto che, come osservava Mises, spesso gli economisti confondono la teoria economica con la storia economica. Perché le serie storiche di dati sono, appunto, storia. E trattandosi di dati determinati dall'azione umana, ben difficilmente possono essere modellizzati in modo tale da prevederne l'evoluzione utilizzando le tecniche quantitative generalmente utilizzate, per esempio, in ingegneria.
Non a caso, chi parte dai dati storici per elaborare una teoria e un modello, con quel modello può cercare di spiegare ex post cosa è accaduto, ma non prevedere cosa accadrà. Certo, le previsioni vengono fatte sulla base di quel modello, ma la confidenza associata a tali previsioni è eccessiva e, come confermano quasi sempre i risultati ex post, mal riposta.
Quanto poi alla teoria del ciclo economico della scuola Austriaca, se Smith si documentasse adeguatamente potrebbe scoprire, analizzando i dati, che questi confermano, ciclo dopo ciclo, la validità della teoria stessa. Il fatto di non fare previsioni del tipo "il prossimo anno il Pil aumenterà del X% e i tassi di interesse a N anni saranno Y%" è dovuto unicamente alla considerazione sopra accennata inerenti gli errori dell'utilizzo di strumenti adatti a discipline come l'ingegneria quando si ha a che fare con l'azione umana.
Ciò detto, ecco cosa propone Smith:
"Invece di insegnare un maggior numero di teorie, i corsi di base di economia dovrebbero insegnare qualcosa di meglio: come scegliere tra di esse. Se non c'è un metodo rigoroso per decidere quale teoria usare in una determinata situazione, allora gli orientamenti politici e i pregiudizi giocheranno inevitabilmente un ruolo sulla scelta della teoria da appoggiare. Al contrario, dovremmo insegnare agli studenti come basarsi sui fatti invece che sulle opinioni. Il che significa empirismo."
Ovviamente Smith ritiene le sue opinioni esenti da "orientamenti politici e pregiudizi", ma sostituire l'empirismo alla possibilità di conoscere teorie diverse dal mainstream significa ritenere che il mainstream stesso sia un dogma. Smith tratta le teorie economiche che non condivide, magari senza neppure conoscerle, come se fossero una sorta di riproposizione della teoria geocentrica.
Non che sia sbagliato insegnare anche a "maneggiare" i numeri, ma gli approcci quantitativi devono essere il complemento di una teoria economica, non il contrario.
(N. Smith)
Noah Smith ritiene che la richiesta da parte di associazioni di studenti tese ad ampliare il numero di teorie economiche insegnate nelle università sia fuori luogo. Va detto che Smith è uno di quegli economisti che preferiscono partire dai numeri per elaborare una teoria, invece che basare la teoria a partire da assiomi autoevidenti inerenti l'azione umana e usare poi i numeri come complemento.
Questo spiega la sua avversione, tra le altre, per la scuola Austriaca, della quale, peraltro, ho la sensazione che le sue conoscenze si limitino a ciò che legge in blog a loro volta critici nei confronti della teoria austriaca. Non credo si spiegherebbero altrimenti le sue affermazioni, del tutto prive di supporti concreti. Affermazioni che, più che "brutalmente oneste", mi sembrano brutalmente dettate da un pregiudizio.
Posto che se leggesse pubblicazioni di economisti della scuola austriaca troverebbe anche dei dati numerici, resta il fatto che, come osservava Mises, spesso gli economisti confondono la teoria economica con la storia economica. Perché le serie storiche di dati sono, appunto, storia. E trattandosi di dati determinati dall'azione umana, ben difficilmente possono essere modellizzati in modo tale da prevederne l'evoluzione utilizzando le tecniche quantitative generalmente utilizzate, per esempio, in ingegneria.
Non a caso, chi parte dai dati storici per elaborare una teoria e un modello, con quel modello può cercare di spiegare ex post cosa è accaduto, ma non prevedere cosa accadrà. Certo, le previsioni vengono fatte sulla base di quel modello, ma la confidenza associata a tali previsioni è eccessiva e, come confermano quasi sempre i risultati ex post, mal riposta.
Quanto poi alla teoria del ciclo economico della scuola Austriaca, se Smith si documentasse adeguatamente potrebbe scoprire, analizzando i dati, che questi confermano, ciclo dopo ciclo, la validità della teoria stessa. Il fatto di non fare previsioni del tipo "il prossimo anno il Pil aumenterà del X% e i tassi di interesse a N anni saranno Y%" è dovuto unicamente alla considerazione sopra accennata inerenti gli errori dell'utilizzo di strumenti adatti a discipline come l'ingegneria quando si ha a che fare con l'azione umana.
Ciò detto, ecco cosa propone Smith:
"Invece di insegnare un maggior numero di teorie, i corsi di base di economia dovrebbero insegnare qualcosa di meglio: come scegliere tra di esse. Se non c'è un metodo rigoroso per decidere quale teoria usare in una determinata situazione, allora gli orientamenti politici e i pregiudizi giocheranno inevitabilmente un ruolo sulla scelta della teoria da appoggiare. Al contrario, dovremmo insegnare agli studenti come basarsi sui fatti invece che sulle opinioni. Il che significa empirismo."
Ovviamente Smith ritiene le sue opinioni esenti da "orientamenti politici e pregiudizi", ma sostituire l'empirismo alla possibilità di conoscere teorie diverse dal mainstream significa ritenere che il mainstream stesso sia un dogma. Smith tratta le teorie economiche che non condivide, magari senza neppure conoscerle, come se fossero una sorta di riproposizione della teoria geocentrica.
Non che sia sbagliato insegnare anche a "maneggiare" i numeri, ma gli approcci quantitativi devono essere il complemento di una teoria economica, non il contrario.
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