Scorie - Spending review (2/2)
"L'Italia ha avuto nel 2012 una crescita negativa del 2,3%, con Letta ha avuto il -1,9%, ora siamo allo 0,8%. E' poco ma perché per decisione europea è stata ridotta di moltissimo la spesa pubblica di 25 miliardi di euro. Dovendo fare la spending review è chiaro che abbiamo meno soldi degli altri da spendere e la crescita è più bassa degli altri. Speriamo che entro l'anno possiamo tornare alla media europea."
(M. Renzi)
Questa dichiarazione del presidente del Consiglio a me pare allucinante, ancorché non mi stupisca più nulla di ciò che esce dalla sua bocca. Con ogni probabilità conta sulla mancanza di memoria dei suoi interlocutori.
Va premesso che, in base alla prima stima fornita dall'Istat, il Pil italiano nel 2015 è cresciuto dello 0,7% (0,6 se si considera il dato destagionalizzato) e non dello 0,8% come continua a sostenere Renzi. Per di più diversi fattori indipendenti dal governo (politica monetaria, andamento dei cambi, prezzi delle materie prime) si sono rivelati più favorevoli all'andamento di breve periodo del Pil rispetto a come andavano le cose con i suoi predecessori.
Ciò detto, quando questo signore si prese palazzo Chigi, due anni fa, esordì con le famigerate slides, tra le quali vi erano quelle in cui parlava di rafforzare la spending review, andando addirittura oltre gli obiettivi indicati dall'allora commissario Carlo Cottarelli.
Come è finita è storia nota: quando Cottarelli ha presentato a Renzi il suo rapporto, questo è finito nel dimenticatoio, mentre il suo autore è stato sollecitato a fare ritorno al Fondo Monetario Internazionale, a Washington.
La stessa storia della spending review da 25 miliardi in due anni, della quale mi sono già occupato, lascia parecchie perplessità, soprattutto perché la spesa, in effetti, non cala. Lo stesso Gutgeld, attuale commissario alla spending review e renziano doc, ha recentemente affermato che il governo ha "ridotto la spesa per i servizi generali di circa 4,5 miliardi, investendo 3 miliardi nella scuola, oltre un miliardo nell'ordine pubblico e nella sicurezza, e un miliardo nella sanità".
Quindi, se si tratta di rassicurare gli elettori consumatori di tasse si afferma che la spesa pubblica non è diminuita, bensì migliorata; se, al contrario, si vuole giustificare una crescita del Pil comunque più bassa della media europea (cosa peraltro che si verifica da vent'anni), si sostiene che ciò è dovuto ai tagli di spesa.
Per di più, a seconda delle convenienze del momento, si sostiene che la spesa va tagliata "non perché lo chiede l'Europa, ma per i nostri figli", oppure va ridotta "per decisione europea".
Qui oltre al danno la beffa: la spesa, in effetti, non cala, ma oltre tutto ci si deve pure sentire raccontare queste balle colossali. Dicono che Renzi sia un grande comunicatore; evidentemente deve esserci qualcosa che non ha funzionato nella mia educazione, perché a me hanno insegnato da piccolo che così parla solo un ciarlatano.
(M. Renzi)
Questa dichiarazione del presidente del Consiglio a me pare allucinante, ancorché non mi stupisca più nulla di ciò che esce dalla sua bocca. Con ogni probabilità conta sulla mancanza di memoria dei suoi interlocutori.
Va premesso che, in base alla prima stima fornita dall'Istat, il Pil italiano nel 2015 è cresciuto dello 0,7% (0,6 se si considera il dato destagionalizzato) e non dello 0,8% come continua a sostenere Renzi. Per di più diversi fattori indipendenti dal governo (politica monetaria, andamento dei cambi, prezzi delle materie prime) si sono rivelati più favorevoli all'andamento di breve periodo del Pil rispetto a come andavano le cose con i suoi predecessori.
Ciò detto, quando questo signore si prese palazzo Chigi, due anni fa, esordì con le famigerate slides, tra le quali vi erano quelle in cui parlava di rafforzare la spending review, andando addirittura oltre gli obiettivi indicati dall'allora commissario Carlo Cottarelli.
Come è finita è storia nota: quando Cottarelli ha presentato a Renzi il suo rapporto, questo è finito nel dimenticatoio, mentre il suo autore è stato sollecitato a fare ritorno al Fondo Monetario Internazionale, a Washington.
La stessa storia della spending review da 25 miliardi in due anni, della quale mi sono già occupato, lascia parecchie perplessità, soprattutto perché la spesa, in effetti, non cala. Lo stesso Gutgeld, attuale commissario alla spending review e renziano doc, ha recentemente affermato che il governo ha "ridotto la spesa per i servizi generali di circa 4,5 miliardi, investendo 3 miliardi nella scuola, oltre un miliardo nell'ordine pubblico e nella sicurezza, e un miliardo nella sanità".
Quindi, se si tratta di rassicurare gli elettori consumatori di tasse si afferma che la spesa pubblica non è diminuita, bensì migliorata; se, al contrario, si vuole giustificare una crescita del Pil comunque più bassa della media europea (cosa peraltro che si verifica da vent'anni), si sostiene che ciò è dovuto ai tagli di spesa.
Per di più, a seconda delle convenienze del momento, si sostiene che la spesa va tagliata "non perché lo chiede l'Europa, ma per i nostri figli", oppure va ridotta "per decisione europea".
Qui oltre al danno la beffa: la spesa, in effetti, non cala, ma oltre tutto ci si deve pure sentire raccontare queste balle colossali. Dicono che Renzi sia un grande comunicatore; evidentemente deve esserci qualcosa che non ha funzionato nella mia educazione, perché a me hanno insegnato da piccolo che così parla solo un ciarlatano.
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